In Marina c’è un locale che che non paga la tassa sui rifiuti da oltre tre anni. A Is Mirrionis un ufficio che fa altrettanto. Così anche al Poetto, a San Benedetto, all’Amsicora. Ma la stessa cosa succede un po’ ovunque. In tutta la città ci sono oltre quattromila utenze non domestiche (bar, ristoranti, locali, negozi, uffici, studi professionali), il 50%, totalmente morosi per un mancato introito nelle casse del Comune di 8 milioni di euro. Morosi, non evasori. Cioè iscritti alla Tari, si affrettano a chiarire tutti. Ma comunque un’enormità, soprattutto se si considera che per creare quel buco non dovrebbe pagare la Tari un numero di famiglie che oscilla tra sedicimila e ventimila. «Il peso della Tari non pagata da 16 mila utenze domestiche è 5,7 milioni di euro, mentre la Tari non versata da 4mila utenze non domestiche vale 7,7 milioni», spiega il sindaco Massimo Zedda. «Un dato che fa riflettere», premette Emanuele Frongia, presidente della Fipe Confcommercio Sud Sardegna. «Non è mai giustificabile chi non paga perché è un atteggiamento che squalifica la città e il lavoro. Detto questo, però, un ragionamento va fatto: il settore vive momenti di difficoltà e chi non paga, nella stragrande maggioranza dei casi, lo fa proprio per questo motivo», aggiunge.
Il caso
Un quadro, questo, che determina scompensi per il bilancio che deve fare i conti con una coperta sempre troppo corta, e per i cittadini che pagano regolarmente (la stragrande maggioranza) che subiscono un’ingiustizia «Questa situazione conferma gli ampi margini di miglioramento nella fase della riscossione che sembra essere sempre più abbandonata a se stessa», tuona Giuseppe Farris, consigliere di CiviCa 2024. «Eppure sarebbe sufficiente, in prima battuta, confrontare i dati tra i contribuenti che versano l’Imu, su cui si registra un minore tasso di morosità per recuperare una fetta importante», aggiunge. «Premesso che in questo caso non si tratta di evasori ma di morosi», dice Raffaele Onnis (Riformatori), «questi soggetti rappresentano comunque un problema perché obbligano l’amministrazione a vincolare nel bilancio quella proiezione di risorse come fondo di dubbia esigibilità». Tradotto: risorse sottratte ai servizi e alla collettività. «Il tasso di morosità sulla Tari è un indicatore della difficoltà che attraversa il tessuto produttivo cittadino. Un sistema economico in affanno, schiacciato tra costi crescenti, burocrazia e domanda interna debole», sottolinea Pierluigi Mannino, capogruppo di FdI. «L’amministrazione dovrebbe leggere questo dato non solo come un problema di riscossione, ma come un campanello d’allarme che chiede una revisione della politica tributaria, più calibrata sulle condizioni reali delle imprese», aggiunge.
Il Comune
La premessa di ogni valutazione è che «la legalità deve essere sempre al primo posto e dunque che le tasse vanno pagate», spiega l’assessora all’Ecologia Luisa Giua Marassi. «Chi non paga va sempre perseguito e isolato. Cosa diversa per chi si trova in situazione di indigenza o non può pagare. In questo caso gli uffici possono trovare soluzioni e andare incontro alle esigenze delle persone. Purtroppo», dice ancora, «i crediti di dubbia esigibilità valgono il 27% circa dell'importo complessivo della Tari. Questo importo la legge ci impone di indicarlo per un massimo del 60% nel Pef, dunque doppia beffa per i cittadini virtuosi che si trovano a pagare anche una quota di imposta per chi non paga». «Recuperare i crediti che mancano ci permetterà di migliorare il servizio e abbassare i costi per tutti», conclude Francesca Mulas, presidente della commissione Ecologia urbana. «Considerato che già il sistema di raccolta porta a porta ha permesso di far emergere già migliaia di utenze che prima non pagavano, proseguire la lotta all'evasione e all'elusione, oltre che combattere gli abbandoni, sarà sempre una delle nostre priorità».
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