«Vorrei stringere tra le mani almeno una volta la piastrina di mio marito, mi piacerebbe depositarla sulla roccia che ricorda quella tragedia». Francesca Ragusa, vedova del capitano dell’Esercito Salvatore Ingrosso, una delle vittime dell’incidente aereo avvenuto nella zona di Conc’e Oru nella notte tra il 13 e 14 settembre del 1979, quando ha saputo del ritrovamento di quell’oggetto legato a suo marito ha provato un’emozione fortissima: «Sono giorni che piango, sapere che qualcosa appartenuta al mio Toto sia stata ritrovata per me è una grande gioia». La piastrina di Salvatore Ingrosso è stata recuperata nell’agosto del 2016 da Alessandro Lepori, un escursionista di Sarroch in visita ai resti del Dc-9 dell’Ati: l’oggetto è stato poi consegnato al generale Giovanni Domenico Pintus il 17 dello stesso mese, per essere poi archiviato. Nessuno da allora ha mai contatto la vedova del capitano Ingrosso, che all’epoca comandava la Compagnia del Genio militare di Civitavecchia.
La notizia
Di quel ritrovamento avvenuto nel 2016, Francesca Ragusa ha saputo solo pochi giorni fa. «L’ho scoperto grazie a Facebook – racconta -, in un gruppo che mostra luoghi abbandonati si parlava dell’aereo in cui perse la vita mio marito, mi sono incuriosita e ho trovato l’articolo dell’Unione Sarda che raccontava il ritrovamento della sua piastrina identificativa. Ho pensato immediatamente a un dono della vita, credo sia meraviglioso che dopo così tanto tempo qualcosa di così personale appartenuto a mio marito sia riaffiorato nel luogo della tragedia. Poco tempo dopo l’incidente ho voluto visitare quella zona, accompagnata da un sottoufficiale di Carbonia in servizio militare e dalla sua fidanzata, ma non riuscimmo ad arrivare sul luogo dove ancora oggi sono presenti i rottami: tornerò in Sardegna, voglio salire sin lassù e vedere la lapide in cui è scritto il nome del mio Toto». Quando si perde l’amore della vita il lutto è qualcosa di infinito, c’è un inizio ma non esiste una data in cui ci si mette il cuore in pace e si guarda avanti: per Francesca Ragusa, rimasta vedova a 26 anni è stato così.
La vita
«Non mi sono mai risposata – rivela -, quando nella vita si incontra un uomo con la personalità e il carisma di mio marito è impossibile innamorarsi di un altro, e così sono rimasta sola, ho girato il mondo, ho vissuto a Londra e Parigi, mi sono appassionata alla fotografia e ne ho fatto un mestiere. Vivevamo a Santa Marinella, a Civitavecchia, in riva al mare: avevamo tanti progetti, mio marito era ingegnere, e presto avrebbe chiuso con la carriera militare, quella vita gli stava stretta».
La missione
Quella notte la vedova di Salvatore Ingrosso non l’ha mai dimenticata: «Ancora non sapevo dell’incidente, mi sono svegliata di soprassalto all’una di notte, pochi istanti dopo lo schianto, ero agitatissima senza sapere il perché, poi ho ricevuto la notizia. Salvatore e i suoi uomini erano in missione segreta per conto del generale Dalla Chiesa, stavano andando in Sardegna perché avevano il compito di ispezionare il carcere dell’Asinara, dove si prevedeva di trasferire i terroristi del “7 aprile”: l’aspetto più incredibile di quella storia è che non dovevano neppure trovarsi su quell’aereo, ci salirono dopo aver perso il volo precedente».
Francesca Ragusa quella piastrina recuperata a Conc’e Oru vorrebbe riaverla: «È l’ultima cosa che mi lega al ricordo di mio marito, spero che l’Esercito me la faccia riavere, per me significherebbe molto».
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