Una riforma imposta senza possibilità di replica alle Università, che adesso stanno cercando di barcamenarsi tra decreti attuativi e circolari esplicative che arrivano a ciclo continuo. Dal 23 giugno sono aperte le iscrizioni al cosiddetto “semestre filtro”, il nuovo sistema voluto dalla ministra Anna Maria Bernini per l’accesso ai corsi universitari di medicina, odontoiatria e veterinaria che manda in soffitta il test a crocette e lo sbarramento del numero chiuso (che in realtà è solo rinviato di qualche mese). Ma negli atenei italiani – compresi quelli sardi di Cagliari e Sassari – nessuno oggi può garantire che tutto filerà liscio. Anzi: l’accelerazione voluta dal Governo, che ha ignorato la richiesta dei rettori di rinviare tutto all’anno accademico 2026/2027, rischia di creare caos e forse anche una pioggia di ricorsi.
«Lezioni anche in teatro»
I tempi sono strettissimi, tanto che diversi atenei hanno già annunciato l’impossibilità di garantire le lezioni in presenza e si stanno attrezzando per la didattica online. Anche perché, fino al 26 luglio, nessuno saprà quanti studenti si iscriveranno in ciascuna sede. «A Cagliari, fino allo scorso anno, ai test partecipavano circa 1.800 candidati, ma molti lo facevano solo per far contenti i genitori – spiega Alberto Cauli, coordinatore del corso di Medicine & Surgery che insieme al rettore Francesco Mola, al prorettore Giorgio Calò, ai direttori dei Dipartimenti coinvolti e ai docenti delle discipline interessate sta seguendo tutte le fasi organizzative –. Stimiamo che quest’anno saranno molti meno: il semestre aperto richiede un impegno importante e serve motivazione. Quanti saranno? Lo sapremo solo il 25 luglio». Di certo nell’ateneo del capoluogo, per ora, non vogliono sentire parlare di lezioni online. «Il rettore è determinato a garantire la didattica in presenza. Useremo le aule più grandi disponibili e, se necessario, anche teatri o soluzioni analoghe», assicura Cauli.
I punti critici
Incertezze anche sulle modalità della frequenza obbligatoria. «Ancora non sappiamo quale sarà, se del 75 per cento o meno. Stiamo ancora aspettando indicazioni dal Ministero», ammette Cauli. Come non è chiaro il destino di quanti frequentano già altri corsi universitari, ad esempio Biologia, e vogliono provare a entrare in Medicina (il sistema sembra infatti pensato solo per chi ha appena finito la maturità): devono disiscriversi? E in caso di mancata ammissione, potranno riprendere gli studi nel corso originario? Dovranno comunque pagare le tasse? «Anche su questi temi abbiamo inviato delle FAQ al Ministero – dice Cauli –. Ci troviamo di fronte a una fase nuova, con tantissimi aspetti da definire e casi particolari da considerare. Per questo esiste un accordo tra le Università: nessuno deve procedere da solo creando disparità. Ogni situazione dovrà essere trattata allo stesso modo».
L’impressione, insomma, è che la politica abbia voluto forzare i tempi per potersi appuntare la medaglia dell’abolizione del numero chiuso, a scapito però della razionalità della riforma. Senza poi considerare il fatto che il numero chiuso – o programmato – in realtà rimane, seppur posticipato: a Cagliari, per esempio, potranno entrare soltanto 380 aspiranti medici (40 in più rispetto al 2024), mentre i posti disponibili in tutta Italia dovrebbe essere circa 23mila. La differenza rispetto al passato è che gli studenti conosceranno il loro destino non più a luglio, ma a dicembre. Con le conseguenze pratiche che ne derivano, come la necessità di trasferirsi all’improvviso in un’altra città e trovare un alloggio.
Rischio ricorsi
«I quiz si usano anche ad Harvard e ritengo che fossero un metodo democratico ed efficace di selezione – aggiunge Cauli -. Il Parlamento però ha deciso diversamente e giustamente ne abbiamo preso atto. Avremmo preferito avere un anno di tempo ma ci stiamo impegnando al massimo, il rettore e tutto l’Ateneo, perché il nuovo sistema funzioni». La preoccupazione però è palese, a Cagliari come nel resto d’Italia. «Tutte queste novità potrebbero generare molti ricorsi col rischio che il sistema si blocchi», conclude Cauli. Ora non resta che aspettare.
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