La scommessa del centro storico è (quasi) stata vinta. Per Selargius, del resto, era l’unica vera occasione per valorizzarsi. Perché gli Anni Ottanta e i primissimi Novanta non furono certamente un inno al marketing turistico e immobiliare, con dati allarmanti per quanto riguarda la droga (spaccio e consumo), i furti e la microdelinquenza. Non che nel tempo sia diventata un land svizzero, ma una mole cospicua di investimenti (da fine Anni Ottanta circa 50 milioni, 10 solo per il recupero di Si ‘e Boi) hanno fatto dimenticare il degrado, migliorato i monumenti e valorizzato l’esistente racchiuso in 37 ettari. Per 6.500 abitanti, il centro storico non è più, dunque, un semplice “dormitorio”.
Il contesto
Gli interventi di pavimentazione realizzati dal 2005 in poi attorno alla chiesa principale, Maria Vergine Assunta, ma anche nelle zone attorno, hanno reso più appetibile un contesto che, qualche decennio fa, appariva decisamente più grigio. Il piano particolareggiato ha fissato regole inderogabili anche per favorire la vivibilità degli edifici. Non risulta, negli ultimi sei anni, che il sindaco abbia firmato ordinanze per la pericolosità o crolli di edifici, proprio perché la popolazione è entrata nell’ordine di idee di prevenire anziché curare. E anche prima, raccontano gli amministratori, si contavano sulle dita di una mano.Scava scava, e non c’è neppure necessità di andare troppo a fondo, non mancano le abitazioni non terminate e qualche rudere. Per fortuna, basta poco per rimettere tutto a posto: magari, rifare la facciata. Come in via Istria (e zone limitrofe), la strada d’ingresso alla città che, considerata l’enclave di Su Planu, resta sempre sul filo dei 30mila abitanti senza però mai centrarli. A parte qualche sfregio, ecco le eccellenze: sono 113 gli immobili storici vincolati, tra case campidanesi e antichi magazzini; addirittura 450 le case storiche, ma con alterazioni architettoniche subite negli anni. Delle vecchie costruzioni hanno mantenuto quasi tutte loggiati e porticati di pregio, talvolta anche artistico. Inutile ricordare che, dagli Anni Settanta, questa tipologia di abitazioni sia andata a ruba. Anche se le trasformazioni subite abbiano in parte snaturato la struttura originaria degli edifici. E oggi?
In stand by
«In vendita ce sono poche e quelle che sono disponibili rimangono mesi e mesi sul mercato», informa Roberto Pala, consulente immobiliare di Remax Mistral Group. Motivo: «Il problema è legato ai tempi e ai costi delle ristrutturazioni, che sono lievitati post Covid e dall’inizio della guerra in Ucraina. Quanto a una casa non campidanese, il range di vendita medio è tra 1.093 e 2.701 euro, cioè 1.678 euro, ricavato dal 70 per cento delle operazioni che abbiamo mandato a rogito negli ultimi dodici mesi. Significa che è un investimento ancora conveniente rispetto ad altre zone della città, per non dire rispetto a Cagliari». Di sicuro l’assenza di sgravi fiscali non incoraggia a comprare casa: «Ma è un discorso che vale dappertutto, non limitato soltanto al centro storico della nostra città», dice Mirko Muscinu, giovane imprenditore edile. «E poi i vincoli, sempre ferrei, non aiutano: all’interno degli edifici sarebbe opportuno avere meno restrizioni, come in altri Paesi d’Europa. Di sicuro lo stato costruttivo generale del centro storico di Selargius è di buon livello, se non ottimo. Le ferite lasciate dalla cementificazione selvaggia sono state sanate: oggi si costruisce e ristruttura con maggiore intelligenza, sfruttando gli spazi per la loro reale utilità». Detto del Piano particolareggiato, Selargius si è dotata anche del Piano urbanistico comunale (Puc) e del Piano di assetto idrogeologico (Pai). Strumenti che invitano anche i privati a “curare” con rigore le proprietà. Poi, c’è chi lo fa e chi no, ma ormai sta diventando una questine di senso civico.
Storia e commercio
Tra le strade strette (ma non asfissianti) dell’area che dalla parrocchia si estende fino a via San Martino non mancano le attività commerciali. Sono 150 solo nel centro storico, alcune caratteristiche e di pregio, come quelle per la lavorazione dei dolci tipici sardi. «La tradizione e l’artigianalità possono essere la chiave per una crescita in prospettiva», spiega Lola Macis, attività in via Palestro da diversi lustri. «Partendo dalle radici si può arrivare lontano anche se si è una piccola attività: nel nostro piccolo, attraverso una pagina sui social , riusciamo a portare le nostre produzioni anche all’estero. Serve un cambio di mentalità, per accompagnare anche dal punto di vista economico i miglioramenti estetici che ci sono stati».
La cultura
Un tentativo per emergere è stato fatto con la cultura. La mediateca del Mediterraneo in via Sant’Olimpia, il Museo nella vecchia caserma di via Dante, Casa Putzu, conosciuta per essere sede del banchetto nuziale dell’Antico Sposalizio e, soprattutto, l’ecomuseo del Paesaggio in Casa Cara, il teatro di piazza Si ‘e Boi, tre chiese, tra cui la parrocchiale dell’Assunta e il gioiello romanico di San Giuliano sono il fiore all’occhiello da esibire a chi arriva. Ci fosse anche un ristorante, per compensare (parliamo del centro storico in senso stretto, ma non è che in città ce ne siano molti) la quasi totale assenza di attività legate all’accoglienza: «Nella città dell’Antico Sposalizio, ormai vero riconoscimento di selarginità», chiosa Gianni Frau, presidente della Pro loco, «aspettiamo un giovane imprenditore illuminato che, con il sostegno dell’amministrazione comunale, trasformasse in business i passi fatti fin qui. Magari un giorno uscirà allo scoperto: sono tra coloro che lo sperano».
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