Il delitto di Palau

Perizia sulle ferite di Ragnedda 

Gli inquirenti si concentrano ora su due persone che lo avrebbero aiutato 

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Un tentativo di fendente diretto in bocca, due tagli sul braccio: anche Emanuele Ragnedda sarebbe stato ferito durante la colluttazione conclusa con la morte di Cinzia Pinna. Un medico legale, incaricato dalla pm Noemi Mancini, ha visto l’uomo in carcere. La visita è avvenuta nelle ultime ore e i risultati sono coperti dal massimo riserbo. L’imprenditore di Arzachena avrebbe effettivamente dei tagli anche in bocca, che sarebbero la conseguenza dell’utilizzo di un lungo coltello da salumi. Ragnedda, va detto, ha parlato delle ferite davanti alla gip Marcella Pinna, escludendo però di avere sparato per evitare di essere colpito ancora: «Potevo scappare e invece ho preso la pistola e ho esploso tre colpi».

Dagli atti dell’indagine sul delitto di Conca Entosa emerge che il responsabile dell’omicidio di Cinzia Pinna ha detto dove si trova il coltello impugnato dalla vittima, dove sono i bossoli della pistola (la semiautomatica Glock sequestrata dai Carabinieri) usata per il delitto e dove ha lasciato il Kubota (un piccolo escavatore) che Ragnedda ha messo in moto (è stato lui a dirlo) per spostare il corpo della sua vittima. L’uomo, stando agli ultimi sviluppi del lavoro investigativo, ha indicato alla pm Noemi Mancini e ai Carabinieri dove possono trovare, nei muri della casa di Conca Entosa, i segni lasciati da alcuni dei colpi esplosi con la Glock. Emanuele Ragnedda insiste per essere interrogato di nuovo, il suo difensore, l’avvocato Luca Montella, ha chiesto per il suo assistito misure idonee di protezione in carcere. L’imprenditore sarebbe stato già trasferito da Nuchis nel penitenziario di Bancali, dove esiste un settore destinato ai detenuti che richiedono una sorveglianza speciale.

«Ti aiuto io»

La sensazione netta, però, è che Ragnedda non abbia detto tutto, anche se ha ammesso di avere sparato contro una persona inerme (insistendo sulla possibilità che ha avuto di non premere il grilletto). Anzi, la sensazione è che stia proteggendo qualcuno, caricando su se stesso ogni colpa. Ma la pm Noemi Mancini e i Carabinieri del Reparto Territoriale di Olbia e della stazione di Palau (coordinati dal tenente colonnello Nicola Pilia), avrebbero elementi sul coinvolgimento di altre persone nel delitto. Soggetti (almeno uno sarebbe stato già identificato) che si sarebbero messi a disposizione dell’imprenditore per aiutarlo a far sparire una borsa e altri oggetti, compreso il telefono, di Cinzia Pinna. Sono ore decisive per la posizione delle persone (si parla di almeno un uomo e due donne) che sarebbero stati dentro la casa dello stazzo di Conca Entosa nelle giornate successive all’omicidio (notte tra l’11 e il 12 settembre). Il dato inquietante (tutto da provare) è che Ragnedda prima di essere convocato in caserma per essere sentito, avrebbe parlato con qualcuno dell’omicidio. Forse anche chiedendo, e ottenendo, aiuto. Su questo versante le indagini sono tutt’altro che chiuse.

Un approccio sessuale?

Da chiarire anche se Ragnedda dice la verità quando afferma di non avere avuto alcuna interazione sessuale con la vittima. Il fatto è che il corpo della vittima, stando al poco che trapela dagli uffici giudiziari, è stato trovato con un solo indumento, una maglietta. Nessuna traccia della salopette che Cinzia indossava la sera dell’11 settembre. L’imprenditore avrebbe detto che trasportando il corpo dalla casa al punto dove poi lo ha sollevato con il Kubota, la tuta si sarebbe sfilata. I Carabinieri cercano i vestiti e non è escluso che facciano parte del materiale fatto sparire dallo stazzo di Conca Entosa.

Cinzia stava male

Sta emergendo con sempre maggiore evidenza che Cinzia Pinna, in Gallura per lavoro, stava male. Aveva avuto crisi la sera dell’incontro con Ragnedda e anche nei giorni precedenti. La donna era vulnerabile ed è rimasta sola, sino a quando ha incontrato la persona che, stando all’inchiesta, ha visto in lei una preda. Gli investigatori stanno ricostruendo anche il giro di spaccio che sta sullo sfondo di questa angosciosa vicenda. Cocaina a etti, per un uomo ormai allo sbando e una donna che aveva bisogno di aiuto. Oggi iniziano gli accertamenti autoptici attraverso Tac (fotonica, una sorta di autopsia virtuale). La difesa avrà un suo consulente, il professore universitario, Ernesto D’Aloja.

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