Ambiente

L’ape di Culuccia, regina dell’isola della biodiversità 

Nuove scoperte dell’Osservatorio naturalistico nel paradiso comprato e salvato dalla famiglia Boglione 

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Si aggira tra le fioriture dunali, solitaria, nell’istmo che separa dalla terra il paradiso. Nell’incontaminato santuario naturalistico che affiora dalle acque, tra Porto Pollo e Porto Pozzo, in territorio di Santa Teresa Gallura, vive un’ape mai rinvenuta in nessuna parte del mondo. Individuato tra le settantasette specie presenti nell’Isola, l’esemplare selvatico è l’ultima testimonianza della straordinaria biodiversità ospitata a Culuccia. Battezzato Andrena culucciae, in onore del luogo in cui è stato trovato, l’insetto impollinatore è stato scoperto nell’ambito di uno studio più ampio sugli insetti, durato due anni, portato avanti da un gruppo di entomologi del Dipartimento di scienze dell’Università Roma Tre, in collaborazione con l’Osservatorio naturalistico sull’isola di Culuccia.

La scoperta

Osservata tra maggio e giugno, Andrena culucciae è una piccola ape nera, lunga un centimetro e mezzo, che si muove principalmente tra i fiori di armeria pungens, nelle dune costiere, fragili ma piene di vita, della lingua di terra che collega Culuccia al golfo del Liscia. «È stato un ritrovamento del tutto inaspettato e che sia una specie mai rinvenuta prima lo dicono sia significative evidenze morfologiche sia i risultati molecolari dei campioni raccolti ma anche il periodo di volo, non sovrapponibile con quello degli altri insetti appartenenti alla stessa famiglia che, invece, volano d’estate», racconta la biologa responsabile dell’Osservatorio, Sabrina Rossi. Oltre al valore scientifico, la scoperta di Andrena culucciae racconta la storia dell’oasi in cui convivono tartarughe e pernici, volpi e cinghiali, gatti maccioni e (le famose) vacche che hanno resistito a decenni di solitudine, ora oggetto di uno studio, dell’Università di Sassari, che ipotizza una nuova variante di razza. «La descrizione di una nuova specie rappresenta un grande risultato di rilievo scientifico e naturalistico per gli studi sulla fauna presente a Culuccia ma anche perché esportabile in tutti gli ecosistemi», aggiunge Rossi, alla guida della struttura di ricerca che, da cinque anni, si occupa di conoscere e conservare i tanti ecosistemi dell’Isola e sviluppare attività e progetti di studio sulle biodiversità terrestri e marine, in convenzione con enti di ricerca locali e nazionali e con alcuni atenei italiani.

L’ecosistema

Promemoria di un ecosistema in equilibrio, la nuova ape selvatica conferma la presenza di habitat ideali per la conservazione delle specie e l’importanza di salvaguardarli. «La particolarità di Culuccia è che in appena tre chilometri quadrati si concentrano tante varietà di flora e fauna: nell’entroterra prospera una fittissima vegetazione mediterranea tra ginepri e olivastri, che si alterna a zone umide salmastre, con tre stagni che sono punto di sosta durante la migrazione degli uccelli tra Africa ed Europa continentale». Volatili di passaggio, che in autunno svernano e nidificano a Culuccia, condividono un pezzo di cielo con il marangone dal ciuffo, il gabbiano corso o il falco pescatore. A comporre il mosaico che colora la diversità biologica nel promontorio sul mare affacciato sull’Isola dei gabbiani, anche una concentrazione di specie di farfalle diurne, ventitré delle cinquantasei che abitano la Sardegna, e circa duecentosessanta specie di molluschi.

La storia

In principio fu L’isola delle Vacche, indicata così nelle mappe del Settecento, in cui Ziu Agnuleddu, dal 1923, ha vissuto (solo) con un cane, una cavalla e il suo bestiame. Autogestita dal proprietario Angelo Sanna fino al 1996 che, negli anni Sessanta, l’ha anche protetta dalle mire speculative di investitori intenzionati a trasformarla in un’alternativa Costa Smeralda, dell’isola di Ziu Agnuleddu rimangono i frutti (i fiori e gli animali) dello stato di spopolamento prolungato che ha preservato i trecento ettari di terra e le sue coste, consegnandoli intatti alle norme che li tutelano integralmente, dal 1992 è Oasi permanente di protezione faunistica e di cattura, dal 2004 Area di notevole interesse pubblico di cui sono tutelati baie, scogli, sistema dunale e zone umide retrostanti le bellissime spiagge, e il suo specchio d’acqua fa parte della rete europea di aree protette Rete Natura 2000.

I nuovi protettori

L’eredità di Ziu Agnuleddu, donata in testamento alla sua morte, nel 1997, all’Associazione italiana per la Ricerca sul cancro, è stata acquistata nel 2017 dagli imprenditori torinesi Stella e Marco Boglione, patron di BasicNet, per conservarne la bellezza. Per decenni abbandonata, lecci, lentischi, asfodeli e mirti hanno ricoperto i quindici chilometri di sentieri, ridisegnati grazie al recupero di alcune foto aeree scattate dagli aviatori alleati durante la Seconda guerra mondiale. Restaurati gli unici due stazzi, sistemati i tre pontili (vietato l’ingresso ai mezzi a motore) e ripristinati muretti a secco, ricoveri e abbeveratoi, Culuccia era e rimarrà il regno degli animali e della natura, da visitare in punta di piedi e solo accompagnati dalle guide dell’Osservatorio.

La rinascita

Sull’isola, anche la rinascita della antiche attività di Ziu Agnuleddu: ripiantati i due vigneti autoctoni che producevano il Vermentino, seminati i due orti botanici e officinali, avviata la produzione di miele (con un numero di api valutato per non impattare sugli altri impollinatori selvatici) e ripristinate le strutture esistenti, dal 1932, di allevamento dei mitili, trasformate in una peschiera di ostriche, nell’isola si coltivano solo produzioni autosufficienti, che possono essere irrigate con l’acqua dei pozzi, ripristinati insieme ai bacini di accumulo già presenti, e l’energia elettrica è fornita da pannelli solari e da un generatore elettrico di emergenza. Dalle bacche di mirto, l’azienda agricola produce il tipico liquore e da quelle dei ginepri secolari un gin unico (turbinato).

Culuccia è un laboratorio di sostenibilità, comprata dalla famiglia Boglione come un’opera d’arte: da osservare, ammirare e studiare più che da consumare.

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