Tel Aviv. Dopo un weekend col fiato sospeso per il rischio di veder crollare l'accordo sulla tregua, si prova a guardare con cautela ai prossimi passi per consolidare la pace a Gaza. Con il dietrofront di Netanyahu sulla decisione di chiudere le frontiere e bloccare l'ingresso degli aiuti, i valichi di Kerem Shalom e di Kissufim sono stati riaperti per far transitare le forniture. Ma la tensione resta alle stelle. Perché seppure l'Idf abbia annunciato domenica sera di «tornare ad applicare il cessate il fuoco» nella Striscia, gli scontri si sono replicati ieri nell'enclave, dove l'Idf ha aperto il fuoco su «due gruppi di militanti di Hamas che hanno attraversato la Linea Gialla» a est di Gaza City, provocando almeno quattro morti secondo la protezione civile palestinese.
L’avvertimento
Gli Stati Uniti però non hanno intenzione - e non possono permettersi - di veder crollare l'intesa raggiunta tra gli israeliani e Hamas: «La tregua è ancora in vigore», ha assicurato Donald Trump, chiarendo in ogni caso che se i miliziani romperanno il cessate il fuoco «saranno annientati». E nel frattempo, il tycoon ha spedito in Israele il suo inviato Steve Witkoff e il genero Jared Kushner che hanno incontrato il premier israeliano proprio per puntellare le crepe emerse nell'intesa, mentre è atteso l'arrivo del vicepresidente J.D. Vance per un ulteriore colloquio. Così da assicurarsi che si possa procedere quanto prima alla seconda fase del piano americano.
Con Vance «si discuterà di due cose: le sfide alla sicurezza che ci troviamo ad affrontare e le opportunità diplomatiche che ci si presentano. Supereremo le sfide e coglieremo le opportunità», ha specificato Netanyahu, che ha ricevuto Witkoff e Kushner «per discutere degli ultimi sviluppi», come ha dichiarato la portavoce israeliana Shosh Bedrosian. Secondo Ynet, Witkoff e Kushner hanno detto che si aspettano che Israele rispetti il cessate il fuoco, fatta eccezione per le azioni di autodifesa dell'Idf. Israele - riferiscono ancora le indiscrezioni - ha ricevuto quindi il sostegno americano nelle accuse contro Hamas di violare l'accordo per quanto riguarda la restituzione degli ostaggi morti. Che tarderebbe, stando allo Stato ebraico, in modo deliberato.
Gli ostaggi
In serata, Hamas ha restituito il tredicesimo cadavere dei rapiti del 7 ottobre. Ma ne mancano ancora 15 all'appello, facendo crescere la rabbia israeliana che dal 10 ottobre, giorno dell'avvio del cessate il fuoco, non ha smesso di denunciare il tradimento dell'intesa da parte di Hamas. Un'escalation di tensioni sfogate domenica nei raid israeliani sul sud della Striscia: «153 tonnellate di bombe» sono cadute, ha rivendicato Netanyahu in un infiammato intervento alla Knesset, mentre la Protezione Civile di Gaza - controllata da Hamas - ha conteggiato 45 palestinesi uccisi in 24 ore, tra cui civili e un giornalista.
Degli scontri di domenica, Trump ha incolpato «alcuni ribelli» all'interno di Hamas: «Hanno sparato e crediamo che i loro leader potrebbero non essere coinvolti». Un ridimensionamento votato a un solo obiettivo, salvare il suo piano per Gaza sul quale il lavoro resta lungo e non facile: Washington spinge per avviare al più presto la fase due che prevede il disarmo di Hamas, al momento invisa ai miliziani palestinesi ma giudicata essenziale da Netanyahu per porre fine alla guerra. Nel frattempo, una delegazione del gruppo palestinese ha raggiunto il Cairo per colloqui con mediatori qatarioti ed egiziani sulla prosecuzione della tregua. Gli incontri riguarderanno anche un imminente dialogo interpalestinese, che si pone l'obiettivo - spiega ad Afp una fonte vicina ai colloqui - di «unificarne le fazioni». E affrontare il tema della «formazione di un comitato di esperti indipendenti responsabile della gestione di Gaza» dopo la guerra.
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