Trieste. Una funzione in sua memoria dove tutti dovranno essere vestiti in fucsia, senza fiori ma con alcol e come colonna sonora “La vita con te” di Max Pezzali. E se il cantante potesse essere presente, ancora meglio. Sono le ultime volontà di Martina Oppelli, la triestina di 50 anni, da 20 malata di sclerosi multipla, morta giovedì in Svizzera con il suicidio assistito. Ma c’è un altro capitolo del suo testamento: durante il viaggio verso la Svizzera - tramite la sua procuratrice speciale Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale della Coscioni - Martina Oppelli ha depositato una denuncia-querela nei confronti dell’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina, dalla quale ha ricevuto tre dinieghi all’accesso al suicidio medicalmente assistito. Due i reati contestati: rifiuto di atti d’ufficio e tortura. Secondo l’associazione, il servizio sanitario «non solo le ha negato un diritto, ma l’ha fatta soffrire inutilmente, causandole danni fisici e psicologici che per legge si configurano come una vera e propria forma di tortura». Un «trattamento inumano e degradante», con le istituzioni che «hanno ignorato le sue sofferenze, costringendola a vivere per anni in una condizione di dolore estremo».
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