L’evento

I segreti dell’intelligence: «È una necessità sociale contro la disinformazione» 

Al Brotzu e a Sa Manifattura incontri sul ruolo della sicurezza globale 

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«Oggi l’intelligence è una necessità sociale». In un mondo immerso nella disinformazione, dove la verità rischia di diventare irrilevante, interpretare la realtà e provare a prevederla non deve essere più un esercizio per specialisti, ma una competenza collettiva. È da questa consapevolezza che parte la riflessione del professor Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di Intelligence, intervenuto ieri mattina all’ospedale Brotzu di Cagliari e nel pomeriggio a Sa Manifattura.

L’impegno

Nelle due occasioni ha presentato il suo libro “Intelligence”, edito da Treccani. «Viviamo una fase di metamorfosi: nulla sarà come prima», spiega Caligiuri. «L’intelligence serve a difendersi, ma anche a garantire il benessere dei cittadini. È uno strumento umano, che ha a che fare con la logica e con la capacità di usare le informazioni in modo consapevole». In un’epoca dominata da flussi continui di dati, la sfida non è accumularli, ma comprenderli. «Siamo immersi nella società della disinformazione e non ce ne rendiamo conto», osserva. «La verità è sopravvalutata e spesso non interessa nessuno. Nei Paesi autoritari non la si può dire, in quelli democratici è perfino peggio, perché dirla non comporta conseguenze».

La figura di Cossiga

Un tema che Caligiuri lega anche alla Sardegna, terra che definisce «strategica per identità e storia». «L’Isola ha sempre avuto un ruolo fondamentale. E non è un caso che l’Italia moderna nasca sotto il vessillo del Regno di Sardegna». Non è mancato il commosso ricordo per il presidente Francesco Cossiga, suo maestro. «Cossiga mi ha insegnato che l’intelligence non è uno strumento per pochi, ma una forma di conoscenza per tutti. Nel 1999 mi disse: “Siamo in due in Italia a occuparci di queste cose, bisogna diffondere questa cultura”. Quella è diventata la mia missione».Da questa visione nasce anche il libro presentato a Cagliari, che il professore definisce «un’operazione culturale». «L’intelligence è un punto di incontro tra saperi che consente di guardare oltre la siepe, quella stessa siepe a cui spesso le tecnologie ci tengono ancorati». Un percorso che passa anche dall’università, considerata «luogo strategico per formare coscienza critica».

Il dibattito

Sul valore dell’informazione insiste anche l’ex assessore regionale Aldo Salaris, che parla di «bene assoluto. Più informazioni abbiamo, più siamo in grado di proteggerci».A portare l’esperienza diretta è Piero Arangino, ex direttore dei servizi di intelligence: «Quando entri nei servizi diventi invisibile. Ed è proprio questa invisibilità che consente di difendere le istituzioni democratiche e la sicurezza dei cittadini, spesso senza che nessuno se ne accorga».Dal fronte della sicurezza digitale interviene Francesco Greco, del Centro operativo per la sicurezza cibernetica: «Anche la Polizia postale utilizza l’intelligence, per le indagini e per la prevenzione». Per Giovanni Giuseppe Ortolani, presidente della Banca d’Italia di Cagliari, «l’intelligence è discernimento di un’informazione. Per la Banca ci si è sempre sforzati di leggere i dati, con grandi investimenti».Al convegno del Brotzu è intervenuto anche Giuseppe Busia, presidente dell’Anac.

L’università in campo

L’incontro a Sa Manifattura è stato coordinato dal professor Giacomo Cao, che è anche presidente del Distretto AeroSpaziale della Sardegna. Una realtà, l’intelligence, ha evidenziato Cao, «che, oggi più che mai, riguarda tutti». Perché, come ricorda Caligiuri citando il magnate americano Bill Gates, «il modo migliore per prevalere sugli altri è eccedere nel mondo delle informazioni». Ma senza una cultura dell’intelligence, quelle informazioni rischiano di restare solo rumore. Oggi alle 17 nuovo incontro nell’aula magna di Ingegneria, su iniziativa del Distretto AeroSpaziale della Sardegna, tema “L’intelligence in guerra. Il mondo alla fine del mondo”. Modera Giacomo Cao, interventi di Piero Arangino, Natale Ditel e Francesco Paolo Micozzi.

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