La burocrazia ogni tanto fa cilecca e a confermarlo questa volta è il Consiglio di Stato. Due aziende, “Sa Boloriga” e “Su Trunciu”, di proprietà di due fratelli di Orune, Pasquale e Salvatore Mula e della moglie di uno di loro, Giovanna Moni, hanno deciso di non piegarsi all’ordinanza con cui l’Asl di Nuoro stabiliva che si dovevano abbattere tutti i capi dopo che era stato riscontrato un focolaio di Dermatite bovina. I giudici amministrativi hanno stabilito che nessun animale sarà eliminato, almeno per ora. Una decisione, sull’istanza cautelare, che così accoglie una richiesta importante, quella di salvare i bovini che nel frattempo possono essersi immunizzati dal virus o comunque non lo hanno contratto, come spiega anche il legale che ha seguito la vicenda per conto delle due aziende nuoresi, Raffaele Soddu. In sostanza, se i capi sono sani e sono stati vaccinati, almeno fino a che non ci saranno ulteriori analisi, non devono essere soppressi.
La storia
A giugno scorso, in piena emergenza sulla Dermatite bovina, nelle aziende zootecniche con sede nelle campagne di Orotelli e Orani venne riscontrato un focolaio della malattia e l’Asl 3 di Nuoro, guidata dal commissario Angelo Zuccarelli, ordinò «l’abbattimento di tutti gli animali di specie bovina detenuti nello stabilimento». In sostanza, veniva stabilito che tutti i capi, «compresi quelli sani e vaccinati», dovessero essere soppressi, così come deciso anche dall’Unità di crisi della Regione. Una decisione a cui la combattiva azienda e l’avvocato nuorese si sono opposti presentando un accurato e puntiglioso ricorso con richiesta di sospensiva dell’abbattimento (in riforma di una decisione del Tar) ora accolta dal Consiglio di Stato.
La decisione
Il legale che ha seguito la vicenda, Raffaele Soddu, spiega che il suo ricorso ha posto due punti fermi: il primo, in sostanza, riguarda le analisi sui capi. L’avvocato Soddu ha messo in dubbio la metodologia utilizzata dall’Istituto zooprofilattico di Teramo, che ha la competenza per le analisi sulle malattie infettive come la Dermatite bovina: i primi 40 capi abbattuti dalle due aziende sono risultati positivi alla Dermatite in soli tre casi e inoltre, spiega, l’indice utilizzato non rappresenterebbe una certezza assoluta sul fatto che la malattia avesse colpito gli animali. Da qui la richiesta, sugli altri 140 capi dei due allevamenti, di far fare gli esami a un altro ente: proposta accolta dai giudici amministrativi che hanno incaricato l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
La strategia
L’ordinanza del Consiglio di Stato, inoltre, accoglie anche un’altra questione sollevata dal legale nuorese Raffaele Soddu: «La normativa europea è costituita da regolamento base e delegati, che però mostrano contraddizioni e infatti ho sollevato la questione davanti alla Corte di giustizia europea, ma soprattutto ho chiesto di far valere il principio dell’illegittimità successivamente accertata del provvedimento». In altri termini, poiché dall’ordinanza di abbattimento sono passati diversi giorni (oltre un mese), per cui è probabile che i capi si siano immunizzati o siano rimasti sani, il legale ha fatto valere il principio sulla base del quale ora non sarebbe più necessario (anzi sarebbe illegittimo) abbatterli, salvando così i 140 bovini sani che l’Asl e l’Unità di progetto della Regione, sulla base della loro interpretazione delle norme, volevano applicare.
Per ora dunque i capi sono salvi. E l’Istituto zooprofilattico del Piemonte, adesso, sarà chiamato a dire se i bovini sopravvissuti sono sani oppure no.
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