Riconoscimento

Cucina italiana, l’Unesco ha detto sì 

Sapori, convivialità e tradizioni sono patrimonio immateriale dell’umanità 

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Il comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a Nuova Delhi, ha detto sì: la cucina italiana è patrimonio immateriale dell’umanità. Per la prima volta, a essere riconosciuto non sono un singolo piatto, una pratica gastronomica o un disciplinare ma l’intera cucina di un Paese, una concezione del cibo, un modo di stare a tavola, di vivere. Non poteva non toccare all’Italia, che aveva già i riconoscimenti Unesco per la dieta mediterranea, l’arte dei pizzaioli napoletani, la cavatura del tartufo, la viticoltura ad alberello di Pantelleria e i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Questo è il Paese dove si può dibattere per ore sul modo corretto di preparare una carbonara e dove una scrittrice (Elsa Morante) ha potuto giustamente sostenere che «la frase d’amore, l’unica, è: “Hai mangiato?”»

Un lungo percorso

È stato un percorso lungo due anni e mezzo. La candidatura, impostata su un “modello culturale condiviso, fatto di esperienze comunitarie, scelta consapevole delle materie prime, convivialità, trasmissione dei saperi alle nuove generazioni e rispetto delle stagioni e dei territori”, è del 23 marzo 2022. Ad avanzarla, il ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare su proposta delle associazioni Accademia italiana della cucina e Fondazione Casa Artusi e della rivista “La cucina italiana”.

Franco Panu, referente sardo dell’Accademia italiana della cucina, esulta: «Un grande risultato, non era scontato». L’associazione, racconta, «nasce nel 1953 per iniziativa di un gruppo di intellettuali (Orio Vergani, Gio Ponti e Dino Buzzati fra gli altri) che volevano salvaguardare la tradizione alimentare italiana come patrimonio culturale. Allora c’era il rischio di americanizzazione». In Sardegna l’Accademia si articola in nove delegazioni: «Con quella di Cagliari – prosegue Panu – abbiamo depositato le ricette originali della fregola con arselle cagliaritana, della burrida, del mazzamurru, dei malloreddus alla campidanese, dei candelaus, delle pardule».

Ricadute e responsabilità

Per superare un iter di valutazione che ha coinvolto 24 Paesi l’Italia ha fatto le cose in grande: un corposo dossier, un logo, un inno ufficiale (testo di Mogol, voce di Albano col Piccolo coro dell’Antoniano), manifestazioni di supporto.

Naturalmente, una volta ottenuto il riconoscimento, non si esauriscono le responsabilità: ora bisognerà garantire la conservazione e l’integrità a lungo termine della tradizione culinaria italiana, preservarla e sottoporla a un monitoraggio continuo. L’Unesco da parte sua offre assistenza tecnica e fondi.

Quanto alle ricadute, le aspettative sono alte: più visibilità globale, più visitatori, stimolo all’economia locale. E l’Isola può, deve fare la sua parte.

Emanuele Frongia, presidente di Fipe Confcommercio Sud Sardegna, traccia una rotta: «Ora – dice – è il momento di fare rete. Abbiamo un patrimonio unico, fatto di tradizioni millenarie, prodotti identitari e tecniche di cucina che raccontano la nostra storia più di qualunque libro. La ristorazione è chiamata a essere ambasciatrice della cultura del cibo sardo».

La dieta dei centenari

Cibo che, accanto ai fattori genetici, sociali e ambientali, spiega come mai l’Isola abbia una fra le più alte concentrazioni di centenari nel mondo: i sardi più longevi, hanno evidenziato gli studi di Giovanni Mario Pes (docente di Scienze tecniche dietetiche applicate all'Università di Sassari, co-fondatore e presidente dell’Osservatorio “Sardinia Longevity Blue Zone”), sono cresciuti mangiando soprattutto pane integrale, legumi, verdure, latticini ovini e caprini, olio d’oliva e poca carne.

«La biodiversità – commenta Antonella Angioni, presidente del Consiglio territoriale Slow Food Cagliari – è il nostro punto di forza che cerchiamo di preservare: penso ai pani, alle paste, agli ortaggi, ai legumi. Valori importantissimi, a fronte il tanto cibo omologato e industrializzato. Mi fa molto piacere vedere, tra le motivazioni del riconoscimento, la convivialità: per i sardi l’aspetto sociale del cibo, il piacere di condividerlo con amici, è molto importante».

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