La sentenza

Carcere a vita per Igor Sollai 

Sentenza per l’omicidio di Francesca: riconosciute premeditazione e crudeltà 

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«Ergastolo con isolamento diurno per un anno». L’autotrasportatore 43enne Igor Sollai, di San Sperate, ha ascoltato in silenzio, seduto nelle panche della gabbia della Corte d’assise, la lettura della sentenza che lo ha condannato al carcere a vita per l’omicidio pluriaggravato della moglie, Francesca Deidda, uccisa il 10 maggio dello scorso anno con otto martellate alla testa, mentre riposava nel divano della loro abitazione, poi rinchiusa in un borsone e gettata tra Sinnai e San Vito, lungo alla vecchia Statale 125.

Nessuno sconto

Dopo circa tre ore di camera di consiglio, i giudici hanno accolto pressoché integralmente tutte le richieste del pubblico ministero Marco Cocco: l’imputato è stato condannato al carcere a vita per effetto di varie aggravanti contestate, prima fra tutte la premeditazione, ma anche la crudeltà e la minorata difesa. La Corte gli ha risparmiato solo i motivi abietti e futili, ma ha riconosciuto al fratello della vittima, Andrea Deidda, una provvisionale di 100mila euro come anticipo sul risarcimento. Quest’ultimo, presente in aula, non ha mai incrociato lo sguardo dell’imputato che, dal carcere, gli aveva inviato una lettera quando ancora sosteneva che non c’entrasse nulla con l’omicidio. Poi, quando le prove sono diventate un macigno perché gli inquirenti hanno ritrovato il corpo di Francesca Deidda e pure la Cassazione ha confermato i gravi indizi della misura cautelare, Igor Sollai ha deciso di confessare.

La Corte non ha dunque fatto nessuno sconto al 43enne asseminese che, dopo la confessione, aveva deciso con i difensori Carlo Demurtas e Laura Pirarba di “tagliare” i tempi del dibattimento permettendo al pubblico ministero di depositare ai giudici l’intero fascicolo con gli atti d’accusa. Il processo si è così chiuso in quattro udienze. Ma lo stesso pm Cocco aveva chiesto di non tener conto della scelta processuale, anche perché il comportamento dell’imputato – secondo la Procura – sarebbe sempre stato contrassegnato dal tentativo di ricondurre le ricostruzioni a proprio vantaggio: prima nel voler far credere che la moglie si fosse allontanata volontariamente, poi nel cambiare le versioni davanti all’evidenza dei fatti.

Il corpo in un borsone

Francesca Deidda, 42 anni, era svanita nel nulla da San Sperate il 10 maggio dello scorso anno. Il suo corpo venne ritrovato dai carabinieri ai margini dell’ex Orientale Sarda, chiuso in un borsone, il 18 luglio. Le indagini del Ris, del Ros e dei Carabinieri di Iglesias avevano anche accertato frequenti ricerche di Sollai su internet che dimostrerebbero la premeditazione: l’imputato avrebbe cercato indicazioni su come nascondere velocemente un corpo, come scavare una fossa e quale reazione avrebbe avuto una vittima se colpita con violenza alla testa. C’erano pure ricerche su come acquistare del cianuro. È poi emerso che Sollai aveva anche compilato il modulo online per le dimissioni dal lavoro della moglie, utilizzando il suo telefono per convincere tutti che fosse andata via. Ma le amiche hanno subito nutrito di forti sospetti, facendo scattare la trappola che ha dato inizio alle indagini. La svolta è arrivata quando si è scoperto che il mezzo da lavoro dell’imputato aveva il Gps. Peccato che lui non lo sapesse.

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