«Dalla necessità di difendere le coltivazioni contro le greggi nomadi dei pastori e da questo costante conflitto tra agricoltura e pastorizia, in conformità a meccanismi direttamente regolati dai capricci del clima e dalle caratteristiche dei suoli, trae origine, secondo l’opinione largamente dominante, il peculiare sistema di gestione collettiva della terra sarda». Le radici dell’istituto degli usi civici nell’inquadramento storico e giuridico della studiosa Laura Di Tucci, che aggiunge: «La descrizione della gestione collettiva e delle sue origini consente di vedere con occhi nuovi e diversi pure il paesaggio agrario attuale».

Il seminario

La disciplina degli usi civici continua ad essere strettamente legata ai processi di sviluppo non solo del mondo rurale ma di tutti gli ambiti della società sarda. Un istituto molto antico, nel dna di tantissime comunità, ancora in grado di avere una sua efficacia e un valore intrinseco nella “civitas”. A questo tema, associato alle sfide suggerite dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede specifiche misure su tutela ambientale, transizione ecologica e sostenibilità, è dedicato il seminario “Terra - Paesaggio - Ambiente: gli Usi Civici in Sardegna nel tempo del Pnrr”, in programma oggi, alle 16.30, a Cagliari nella Sala “Giorgio Pisano” de L’Unione Sarda. In presenza sono ammesse solo 40 persone per le limitazioni imposte dal Covid, ma c’è la diretta in streaming su unionesarda.it.

«Questione centrale»

«L’obiettivo», spiega l’archeologa Maria Antonietta Mongiu che dato slancio all’iniziativa, «è quello di dare vita a un ragionamento collettivo su una questione centrale per la crescita della Sardegna. Parliamo di un istituto giuridico con un forte valore culturale, identitario, ambientale, ed economico. Si tratta di un sistema di regole che costituisce il fondamento della convivenza civile perché difende tutta la comunità dalle prevaricazioni del singolo. Gli usi civici, particolare forma di esercizio collettivo del diritto di proprietà, fanno parte dell’ampio dizionario della sostenibilità e della resilienza su cui si basa il Pnrr. Le terre collettive, aggiunge la professoressa Mongiu, «sono un bene paesaggistico da tutelare in tutti i modi. Il decreto Galasso, nel 1985, è stato un punto di svolta: ha riconosciuto gli usi civici come vincoli duraturi, essenziali per preservare l’ambiente e gli equilibri del territorio».

Il dibattito

Al confronto, coordinato dalla capo redattrice de L’Unione Sarda Maria Francesca Chiappe, partecipano, oltre a Maria Antonietta Mongiu, l’architetto Fausto Martino, già Soprintendente ai Beni Culturali, Michelina Masia, docente di Sociologia del Diritto all’Università di Cagliari, il sociologo Nicolò Migheli, l’ex presidente del Tar Sardegna Paolo Numerico, il coordinatore del Centro Studi Sardegna sulle Terre Civiche Francesco Nuvoli, la magistrata del Tribunale di Cagliari Cristina Ornano, lo storico Giuseppe Seche, il direttore dell’Archivio di Stato Enrico Trogu e il sindaco di Nuoro e presidente del Consiglio delle Autonomie locali Andrea Soddu.

Le aree interessate

In base al lavoro di ricerca dell’agenzia regionale Argea, la superficie con usi civici nell’Isola è di circa 305.326 ettari, pari al 12,69%. «Tasti dolenti rimangono», si legge nel sito gruppodinterventogiuridicoweb, «alcune gravi carenze gestionali: sui 347 Comuni sardi con terre collettive sono soltanto 46 quelli dotati del regolamento comunale di gestione degli usi civici e solo 24 quelli muniti di piano di valorizzazione e recupero, mentre migliaia di ettari occupati illecitamente attendono il recupero alla fruizione collettiva». Anche l’insularità ha contribuito a rendere originale la configurazione delle terre civiche in Sardegna. Ma c’è un altro aspetto messo in evidenza da Fernand Braudel: «L’insularità è una forza permanente e decisa del passato sardo. Al suo fianco, non meno potente, c’è la montagna, responsabile, se non più del mare, dell’isolamento delle popolazioni».

Massimiliano Rais

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