L’impatto della guerra in Ucraina cambierà i flussi del traffico marittimo sul lungo termine, ma per ora non ha avuto conseguenze sull’andamento dei porti italiani. La movimentazione delle merci nel primo trimestre di quest’anno è imponente, (118 milioni di tonnellate con una crescita del 6,5%), a conferma della ripresa post-pandemia. Lo scenario però è destinato a cambiare: si conferma la leadership dei traffici marittimi dell’Asia e il Mediterraneo sta diventando il terminal della nuova “Via della Seta” che attraversa il macro continente da Pechino a Londra.

La carta da giocare

Nel nostro mare si rafforza la posizione della Spagna e del Marocco, mentre la Sardegna può giocare un ruolo importante perché sta cambiando la concezione dei vecchi porti: sono significative le statistiche sulle merci trasportate ma si tratta di un racconto parziale. Nei porti, come insegnano i modelli virtuosi del Nord Europa, oggi si può fare incubazione di nuove imprese, di start up, e Cagliari, con le agevolazioni fiscali che scaturiranno dal nascente punto franco e dalla Zona economica speciale, potrà attirare gli investitori.

Il ponte per l’Africa

Il Mediterraneo ha due milioni e mezzo di chilometri quadrati su cui si affacciano ventotto Stati sovrani, compreso il più piccolo, il Montenegro, che ha uno sbocco di soli dieci chilometri. L’Italia possiede quasi ottomila chilometri di coste; facendo un rapido calcolo sul mare territoriale che si dipana intorno alle dodici miglia dalle coste, sulle Zone economiche esclusive e quelle di competenza per la salvaguardia e il monitoraggio dei migranti, significa che il nostro Paese ha competenze in quasi mezzo milione di chilometri quadrati, un quinto del Mediterraneo. Questo sta suscitando una “nuova” attenzione per l’Africa, il continente più arretrato economicamente ma pronto ad accorciare le distanze.

Non solo transito

«La portualità italiana deve valorizzare il proprio ruolo verso l’Africa che si candida a diventare un attore importante dei traffici commerciali mondiali», ha detto Giuseppe Catalano, coordinatore della struttura tecnica del Ministero delle Infrastrutture, durante un recente incontro con i principali operatori del mondo portuale. «Non dobbiamo essere solo un luogo di transito per le merci da nord a sud e viceversa», ha aggiunto, «ma consentire che queste vengano valorizzate e lavorate sul nostro territorio». Un assist per il porto canale di Cagliari che entro la fine dell’anno dovrebbe finalmente dar vita al punto franco nel quale accogliere materie prime e semilavorati da assemblare in un regime extra Ue.

Un mercato in crescita

Il cambiamento dei flussi commerciali è già in atto: gli ultimi dati Istat dimostrano che l’anno scorso il Nordafrica ha assorbito due terzi dell’export italiano in quel continente. Sul valore totale delle esportazioni italiane in Africa, quasi 18 miliardi di euro, ben 11,8 miliardi sono venuti dai Paesi del Maghreb. Cresce l’Egitto (3,8 miliardi con un aumento del 57% sul 2019), stabile il Marocco (2,2 miliardi il nostro export), sale l’Algeria che ha reso più semplici gli strumenti di garanzia sui pagamenti internazionali mentre cala il volume di commercio con la Libia a causa della situazione geopolitica.

I container via mare

L’import-export nazionale viaggia via mare per il 36%, secondo solo al trasporto su gomma che rappresenta il 49%. Ovviamente al primo posto delle nostre importazioni ci sono petrolio e gas mentre la prima voce delle vendite all’estero riguarda i macchinari. È l’America il primo partner commerciale a cui vendiamo i nostri prodotti, (32,4% di export), mentre il principale fornitore via mare è la Cina (27,2%) che l’anno scorso precedeva la Turchia (8,2%) e la Russia (6,6%).

Nuovi hub dell’energia

L’altra faccia della nuova narrazione dei porti è la questione energetica: tutti gli scali marittimi si avviano ad autoprodurre energia e se questa dovesse essere in surplus, potrebbe essere ceduta al Comune di appartenenza dello scalo. I porti, dunque, svolgeranno le nuove funzioni di hub energetico. Oggi la maggior parte degli scali sorge vicino al punto di arrivo delle pipelines e il Mezzogiorno è un gigantesco ponte energetico del Mediterraneo: vi transita, infatti, il 30% del traffico mondiale di liquid bulk. Cagliari, Messina e Augusta sono tra i primi cinque porti italiani dove passano sessanta milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, cioè il 38% del totale nazionale. Ma il futuro è legato all’innovazione e alle start-up, all’intermodalità e all’energia green. Le regioni del Sud si candidano a hub europeo dell’idrogeno verde per la posizione al centro del Mediterraneo. Così la blue economy diventerà sempre più green.

Alfredo Franchini

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