Stallo sulle trattative per raggiungere un accordo sulla ristrutturazione del debito di Cin prima del 24 maggio, quando si terrà l'udienza nella quale i giudici di Milano dovranno decidere sul destino della compagnia di navigazione - a rischio fallimento - nella quale lavorano oltre 6.000 persone.

"Dopo che Cin ha raggiunto un accordo con il creditore chirografario (ovvero privo di garanzie) Tirrenia, che prevede un soddisfacimento dell'80% del credito dovuto insieme alla concessione di garanzie ipotecarie, a fronte di una percentuale di recupero del suo credito quasi nulla e senza alcuna garanzia in caso di procedure alternative, il Mise blocca sorprendentemente la ristrutturazione del debito di Cin nei confronti di Tirrenia, pretendendo l'inserimento di clausole che sono state ritenute chiaramente illegittime da coloro che dovranno convalidare il piano - si legge in una nota della compagnia -. L'incredibile sorpresa è arrivata dopo aver negoziato per giorni i termini e le clausole contrattuali. La trattativa si è interrotta per l'imposizione di ulteriori sei richieste pervenute direttamente dal Ministero solo nella notte che precedeva l'udienza del 6 maggio scorso presso il Tribunale di Milano".

Delle sei richieste, "quattro sono state prontamente accettate, mentre le ulteriori due non sono accoglibili perché presentano oggettivi profili di illegalità e quindi di inattestabilità, come peraltro comunicato immediatamente dallo stesso attestatore sia al Tribunale di Milano - è scritto nella nota - sia ai Commissari di Tirrenia e successivamente allo stesso Ministero".

"Per evitare sorprese dell’ultimo momento” Cin ha chiesto al Mise la convocazione di un tavolo, ma non è arrivata risposta.

Il “silenzio” del ministero guidato dal leghista Giorgetti, secondo Tirrenia è “Del tutto inspiegabile e paradossale”, se si pensa “che proprio per la posizione assunta dal Ministro i Commissari di Tirrenia, i loro consulenti legali e finanziari affermano di non poter procedere alla modifica delle due clausole ed alla successiva firma dell'accordo, perché vincolati ad un'autorizzazione del Ministro medesimo, che impedisce loro di finalizzare la già avvenuta negoziazione delle stesse. Un insostenibile paradosso che tanto evoca i mali della burocrazia all'italiana i cui effetti però non potranno che essere nefasti".

"Non possiamo credere che il ministro affossi deliberatamente la prima infrastruttura italiana sul mare”, è l’appello, “Giorgetti è riconosciuta come persona seria e capace e siamo convinti che non farà finire così le cose, a meno che dietro questa storia non si nascondano fatti e circostanze a noi ignote”.

(Unioneonline/L)

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