Al ministero del Lavoro è stato raggiunto l'accordo con le parti sociali sul protocollo nazionale con le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sullo smart working nel settore privato, proposto dal ministro Andrea Orlando.

Hanno dato la loro adesione la Cgil, la Cisl, la Uil, l'Ugl, la Confsal, la Cisal, l'Usb, tra i sindacati dei lavoratori.

Per le parti datoriali hanno firmato Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza delle cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi (che potrà sottoscriverlo a seguito della delibera del Comitato esecutivo), Ania, Confprofessioni, Confservizi, Federdistribuzione, Confimi e Confetra.

L’intesa definisce le linee guida per l'uso del lavoro agile dopo l’emergenza Covid, sottolineando che la contrattazione collettiva è la "fonte privilegiata di regolamentazione" dello smart working.

Secondo le nuove regole, l’adesione a questa modalità di lavoro è su base volontaria (nessun dipendente potrà essere obbligato) e sarà possibile solo dopo la firma di un accordo individuale tra lavoratore e impresa.

Nel contratto dovranno essere indicati la durata (a termine o a tempo indeterminato); l'alternanza tra i periodi in ufficio e quelli fuori dai locali aziendali; i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione; gli strumenti di lavoro; i tempi di riposo e le misure per il diritto alla disconnessione; le modalità di controllo della prestazione; la formazione.

Il protocollo spiega che la prestazione sarà caratterizzata dall’assenza di un preciso orario di lavoro e dall'autonomia nell’operare per obiettivi prefissati. Non sarà possibile fare straordinari e dovrà essere individuata una fascia oraria in cui il lavoratore non dovrà essere connesso e operativo.

Per il lavoratore non cambierà il trattamento economico, anche se è ancora in fase di discussione il nodo dei buoni pasto.

Il dipendente potrà scegliere liberare il posto in cui effettuare la prestazione in modalità agile, a patto che sussistano le necessarie condizioni di "sicurezza e riservatezza".

Infine, di norma spetterà al datore di lavoro la fornitura dei dispositivi tecnologici necessari ma le parti potranno trovare un accordo anche sull’utilizzo di strumenti di proprietà del lavoratore, prevedendo eventualmente "forme di indennizzo".

(Unioneonline/F)

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