Nell'Isola nascono meno bambini che altrove e le donne fanno figli sempre più tardi. È quanto rivela il report del centro studi sui servizi per l'infanzia in Sardegna della Cna, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.

Il valore medio di appena 0,95 figli per donna colloca la Sardegna all'ultimo posto per livello di fecondità, mentre con una età media al parto di 32,9 anni si colloca al secondo posto per anzianità della madre, preceduta solo dalla Basilicata (33,1 anni).

Dati che si spiegano sia con la generale tendenza delle donne a ritardare l'ingresso nella vita riproduttiva, sia con l’insufficiente presenza di servizi pubblici per l'infanzia: appena 11,2 posti disponibili per 100 utenti potenziali. La media nazionale è invece di 12,5.

Viceversa sono altissimi i costi a carico degli utenti: 1.139 euro a testa contro i 595 euro delle regioni del Sud Italia. Questo anche perché i servizi per la prima infanzia sono coperti dal pubblico solo per il 40%. Inoltre solo il 24,1% dei Comuni sardi risulta coperto dal servizio: un livello assai basso, pari alla metà del valore medio nazionale, e di molto inferiore anche alla media delle regioni del Sud (52,6%) e delle Isole (32,9%), confermando una forte concentrazione delle strutture per l’infanzia nell’area metropolitana di Cagliari e in poche altre aree urbane principali.

Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna, propongono una strategia precisa: “Incentivare la natalità per invertire nel medio-lungo periodo il processo di declino socio-demografico in atto rappresenta un obiettivo prioritario per la Sardegna: un programma di investimento pubblico per il potenziamento dei servizi per l'infanzia, soprattutto nei comuni minori, è oggi una strada obbligata. La carenza di servizi educativi per l’infanzia finisce per condizionare negativamente l’offerta di lavoro femminile riducendo il tasso di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro”.

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