Hanno pensato a tutto, persino a qualche “momento” di lutto qualora l’aquila reale di Tepilora finisse “affettata” dalle immense pale eoliche stagliate come un muro sull’orizzonte del Mont’Albo. La Saras, quella delle ciminiere nere petrolio sul Golfo degli Angeli, ora punta alle vette della Barbagia. Ci aveva già provato, a dire il vero. La procedura avviata due anni fa dalla “Moratti company” si era arenata tra pareri contrari e mobilitazione popolare. Il vento ora, però, non soffia solo su queste cime che circondano Bitti, Onanì e Orune. Il Governo, quello in uscita, non ne voleva proprio sapere di negare ai petrolieri di Sarroch, con sede legale a Milano, la possibilità di usurpare e deturpare i crinali di questa terra battuti come non mai dal “vento furioso” di Deleddiana memoria.

Il blitz della Transizione

Con un blitz coordinato e tempestivo, il Ministero della Transizione Ecologica il 14 ottobre scorso ha pubblicato l’avviso: chi si vuole opporre lo può fare entro l’undici novembre prossimo. Si cambia percorso, non più solo valutazione d’impatto ambientale, ma anche procedura accelerata, quella del Pnrr. Il progetto mantiene il nome suggestivo: Onanie, come il paese dell’enclave di Mamone, la colonia penale più grande del mondo con i suoi 2.700 ettari di pascoli e boschi sottratti dallo Stato alla comunità locale.

La calata dei Moratti

Le pale eoliche, quelle che la Saras di Moratti, con la sua Sarda Eolica, 100% della società petrolifera, vorrebbe piazzare qui a due passi da Bitti, Onanì e Orune, sono sei torri d’acciaio ognuna alta come un grattacielo di 70 piani. Quando sferzeranno il vento di Barbagia, se la maledizione d’acciaio sventrerà per sempre questi paesaggi, avranno a pieno titolo occupato lo spazio aereo dell’aquila reale e dell’aquila Bonelli, solo recentemente ritornate a svettare sui cieli del Gennargentu. Il progetto della Saras, risuscitato da Cingolani & company, non si pone problemi di sorta: per ogni rilievo ha una soluzione, come se i pareri contrari di mezzo mondo scientifico, ai massimi livelli internazionali, fossero carta straccia, così come quelli di Regione e Comuni un inutile passatempo.

Il vento dei petrolieri

Non solo le carte dei petrolieri irridono quei pareri istituzionali, ma arrivano a sostenere tesi che messe nero su bianco travalicano abbondantemente la fantasia più vivace. L’approccio dei signori del petrolio, protesi al vento del Gennargentu, è consolidato: non ci può fermare niente, figuriamoci quattro aquile reali, che, poi, ora, sono almeno 50. Non solo lo pensano, lo scrivono: «Qualora in sede di monitoraggio dell’avifauna si riscontrassero casi di abbattimento dell’aquila reale e dell’aquila di Bonelli oltre i livelli medi di mortalità si provvederà all’interruzione momentanea della produzione energetica». Un lutto “momentaneo”, per prendere atto del decesso e ripartire con la slot machine del vento di Sardegna, come se non bastassero gli extraprofitti del petrolio.

Aquile e incentivi di Stato

La Regione sarda da una parte finanzia un piano per ripopolare quelle montagne di aquile reali e Bonelli, dall’altra la Saras, invece, chiede incentivi per decimarle a suon di pale eoliche. L’approccio al problema ambientale, paesaggistico ed economico è esilarante. Lo dicono espressamente: le aquile reali si possono schiantare, ma per i petrolieri il sacrificio vale il guadagno eolico. La relazione tecnica non lascia margini a dubbi: «È altrettanto vero che una parte degli ambiti in cui ricadono gli aerogeneratori, quelli caratterizzati da vegetazione bassa, possono coincidere con le aree di reperimento trofico del rapace esponendolo al rischio di collisione».

La saga delle soluzioni

La saga delle “soluzioni a tutto” non si ferma ai rapaci. Il tema del paesaggio, quello che dovrebbe essere più pregnante nell’analisi di un territorio così sensibile e caratteristico, non viene affrontato, semmai liquidato. I signori della Saras sanno che il tema più controverso è proprio quello dell’orizzonte spezzato da queste pale mai viste prima in un territorio sardo, con un’altezza di 210 metri, funzionali ad una produzione eolica di 5,6 megawatt a pala, quasi il triplo di quelle attualmente usate nell’Isola.

Terre povere, datele a noi

Non si pongono problemi: «Nel complesso l’impatto è da ritenersi basso per le seguenti motivazioni: - inserimento in un contesto ambientale caratterizzato da un uso estensivo del territorio, in cui la bassa produttività dei suoli, la morfologia e l’uso tradizionale, che risulta ancora radicato, non consentono un’agricoltura remunerativa». Come dire siete poveri, il territorio non produce niente, la pastorizia che ancora “perseguite” è roba da medioevo. La conseguenza è scontata: lasciate che a guadagnare a piene mani sia la multinazionale del petrolio, che dopo essersi presa la costa cagliaritana adesso vorrebbe impossessarsi delle cime della Barbagia. Anche in questo caso, dopo il lutto momentaneo per le aquile reali, c’è anche l’elemosina per Onanì, il paese nel cui territorio dovrebbe ricadere il parco ventoso dei Moratti. Lo scrivono senza ritegno, a futura memoria: «Il Parco eolico apporterà alle casse comunali capitali che potranno essere impiegati per interventi di miglioramento ambientale, di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti di energia rinnovabile e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi».

Pale del futuro

Quelle pale eoliche, per i signori del petrolio, sono il futuro per lo sviluppo del territorio. E non hanno alcun pudore a raccontarlo: «In tale ottica la Sardeolica S.r.l. si propone di progettare e promuovere itinerari aventi come filo conduttore la sostenibilità ambientale, combinando la visita agli impianti eolici gestiti dalle società del gruppo Saras da parte di istituti scolastici di vario ordine e grado, università, centri di ricerca, aziende, etc., per lo studio della produzione di energia da fonti rinnovabili». La nuova frontiera del turismo non pone limiti alla fantasia: visite guidate della Saras alle pale eoliche conficcate sui crinali di Bitti, Onanì e Orune.

Il doppio gioco di Roma

Il nuovo countdown burocratico appena scattato per tentare di approvare questo nuovo assalto al cuore dell’Isola è la dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, dello stato confusionale o del doppiogichismo del Governo nazionale su una delle partite più delicate e importanti del futuro, non solo di quell’area, ma dell’intera Sardegna e dell’Italia tutta: l’Einstein Telescope, il ciclopico interferometro sotterraneo destinato ad ascoltare e registrare i sussulti dell’Universo, punta avanzata di quella ricerca in grado di posizionare nell’Isola dei Nuraghi il più importante centro scientifico al mondo. Da una parte Draghi scrive lettere di sostegno per il progetto dell’Einstein Telescope a Lula, senza, però, mai stanziare soldi veri, e dall’altra consente al suo fido ministro di portare avanti il progetto dei petrolieri per rompere per sempre il silenzio cosmico di quelle viscere terrestri.

Scienziati docet

Del resto i massimi scienziati al mondo, insieme ai più importanti centri di ricerca, lo hanno scritto proprio a Cingolani, che di professione, prima di lavorare per l’industria delle armi e fare il Ministro della Transizione Ecologica, faceva il fisico. Agli atti della procedura c’è un copioso parere che non lascia margini: quelle pale eoliche sono destinate a distruggere l’habitat indispensabile per la realizzazione di quel triangolo sotterraneo in grado di intercettare le più recondite onde gravitazionali dell’Universo. I pareri sono unanimi, dall’Istituto Nazionale di Astrofisica a quello di Geofisica e Vulcanologia, dall’Università di Cagliari a quella di Sassari, passando per il Centro Ricerche Mondiale del Gran Sasso Science Institute: «La Sardegna ed in particolare la Barbagia sono un sistema ambientale, geologico e sismico unico in Italia e probabilmente in Europa».

Futuro a rischio

L’offerta per il futuro dell’Isola passa dalle scampagnate eoliche proposte dalla Saras al progetto del mondo scientifico internazionale: «La possibilità di insediare un laboratorio scientifico sotterraneo di rilevanza mondiale costituisce un’opportunità irripetibile, potendo sfruttare condizioni naturali eccezionalmente favorevoli e una lunga tradizione mineraria. Infatti il bassissimo rumore sismico, acustico e elettromagnetico riscontrato nella zona limitrofa alla miniera di Sos Enattos, a Lula, l'hanno eletta sito candidato ad ospitare il futuro osservatorio di onde gravitazionali Einstein Telescope. L'Italia è il leader del progetto sottoscritto anche da altri quattro governi europei e sostenuto da una moltitudine di istituti di ricerca di altri paesi europei».

Eolico devastante

Sul progetto dei signori del vento in salsa petrolifera, posizionato proprio sopra il futuro Einstein Telescope, gli scienziati scrivono: «Per i disturbi che immettono nell'ambiente, i parchi eolici sono esiziali (fatali n.d.r.) per la rivelazione delle onde gravitazionali. Pubblicazioni scientifiche testimoniano il disturbo causato dalle vibrazioni a bassa frequenza dei piloni di sostegno delle eliche ruotanti. Tale rumore si propaga anche per decine di chilometri specie in una roccia compatta e poco dissipativa come quella nel sottosuolo della zona in questione. Il rumore generato andrebbe a mettere in serio dubbio buona parte dei programmi scientifici del laboratorio Sargrav e di Einstein Telescope. In tale modo il sito sardo perderebbe un importantissimo vantaggio competitivo rispetto ad altre località europee che si candidano ad Einstein Telescope, senza offrire gli analoghi vantaggi ambientali».

Lutto e silenzio

Gli scienziati lo hanno scritto e urlato ovunque. L’allarme era stato forte e chiaro. I vertici della Saras non potevano non sapere: nonostante tutto, però, dopo il lutto “momentaneo” per le aquile del Gennargentu, vogliono negare per sempre anche il “silenzio”, quello del futuro “universale” della Sardegna.

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