Quando nel 1874 Jules Gabriel Verne incise su carta "L'Isola misteriosa" lasciò indefinita l'ambientazione del suo romanzo. Di certo un gruppo di prigionieri della guerra civile americana fuggì a bordo di un pallone di osservazione pieno di idrogeno, percorrendo sconfinati specchi acquei sino a precipitare in un isolotto sconosciuto. Non caddero in Sardegna, ma le conclusioni di quel racconto scientifico e avventuroso sembrano dispiegarsi in terra sarda. È in quell'isola misteriosa che il grande romanziere francese inchioda nella storia una delle sue più fulgide e illuminate previsioni: «Credo - scrive Verne - che l'acqua sarà un giorno impiegata come combustibile, che l'idrogeno e l'ossigeno di cui è costituita, utilizzati isolatamente o simultaneamente, offriranno una sorgente di calore e di luce inesauribili e di un'intensità che il carbon fossile non può dare. L'acqua è il carbone dell'avvenire».

Satana & l'idrogeno

Centoquarantasei anni dopo le lobby dell'energia continuano a considerare il fantascientifico scrittore una sorta di Satana. Ancor peggio se qualcuno si azzarda a intravedere per l'isola di Sardegna la realizzazione di quella moderna visione energetica che può trasformare l'acqua in energia pulita, attraverso il sole e il vento. La Sardegna nei piani energetici dei palazzi romani, e non solo, deve restare terra di conquista con una strategia convergente di piccoli e grandi interessi che non hanno alcuna intenzione di riconoscere all'Isola ciò che gli è dovuto.

Costituzione e Diritti

Del resto in ballo ci sono diritti costituzionali sanciti nella Carta delle leggi, principi e doveri di coesione che non possono essere negati a una Regione, la Sardegna, ed essere, invece, riconosciuti a tutte le altre. L'energia è un servizio essenziale e come tale non è negoziabile. Deve essere fornita ai Sardi alla pari di tutti gli altri cittadini. L'energia, il metano oggi e l'idrogeno domani, sono diritti insindacabili proprio perché non averli costituirebbe una palese discriminazione tra contribuenti. Il piano "paravento" messo in campo dall'Arera, l'Autorità che dovrebbe regolare la corretta erogazione dei servizi energetici, è funzionale a giustificare una decisione tutta politica che nega alla Sardegna il diritto di avere servizi efficienti tali da poter ripristinare quel riequilibrio energetico negato sia sul piano infrastrutturale che economico. È il presupposto di quello studio a stridere con il principio di coesione costituzionale: analizzare il costo beneficio degli investimenti energetici in Sardegna è come domandarsi se è giusto curare i cittadini della montagna rispetto a quelli della pianura, se è giusto dare l'acqua ai poveri o solo ai ricchi. I servizi essenziali non possono essere alla mercé di analisi che finiscono per perseguire interessi diversi da quelli che dovrebbero raggiungere, ovvero mettere tutti alla pari.

Al risparmio

Le valutazioni proposte dallo studio dell'Autorità regolatrice dell'energia hanno un solo obiettivo scritto nella presentazione del documento: «Minimizzare il costo complessivo relativo all'approvvigionamento energetico della regione Sardegna su un periodo di osservazione che si estende da oggi al 2040». In discussione non c'è, dunque, il riequilibrio di un servizio energetico essenziale come quello di distribuire in terra sarda prima il metano e poi l'idrogeno, ma solo quello di spendere il meno possibile, ignorando il principio delle pari condizioni di sviluppo. Alla base del piano della società Ricerca Sistema Energetici ci sono tre elementi che vengono utilizzati per ridurre ogni investimento infrastrutturale ai minimi termini: il numero delle attuali utenze, la chiusura delle grandi industrie energivore, ex Alcoa e Eurallumina, e l'imminente costruzione di cavi di connessione elettrica con la Sicilia.

Utenze per pochi

Il primo dato è quello delle utenze: il piano prende come base di calcolo le 63.000 utenze servite da aria propanata (il 60%) e Gpl (il 40%). Nell'analisi si contabilizzano solo 14 bacini dei 38 pianificati in Sardegna e nello studio si fa esplicito riferimento al piano di metanizzazione di Italgas, la società privata dominus della gestione, quella che usava i carretti del gas in Piemonte, che prevede l'alimentazione delle reti con il trasporto su carri bombolai sino ai depositi di gas naturale liquefatto dotati di impianto di rigassificazione. Come dire non serve una dorsale perché Italgas prevede di portare il metano allo stato liquido con i carri bombolai in giro per la Sardegna e poi eseguire il processo di rigassificazione in loco. Una previsione che la dice tutta sulla discutibile lungimiranza del piano. In questo caso saranno serviti 100 comuni su un totale di 377, appena un quarto della Sardegna. L'analisi dell'Authority, attraverso lo studio di Rse, afferma che i consumi dell'Isola non raggiungeranno il miliardo e mezzo di metri cubi di gas in rete. Una soglia che viene indicata come imprescindibile per giustificare la realizzazione della dorsale di distribuzione del metano prima e dell'idrogeno poi. Per evitare in tutti i modi la realizzazione della dorsale del gas lo studio afferma che nell'Isola non esiste alcuna esigenza energetica per l'industria, perché le due fabbriche energivore del Sulcis sono chiuse e qualora dovessero riaprire si prevedono soluzioni autonome. Come dire: se riapriranno si dovranno arrangiare.

Il piano "nano"

E infine alla base del piano "nano" c'è la considerazione che verrà realizzato il cavo di connessione con la Sicilia, il Tyrrehenian Link. Lo spacciano come cavo per mettere in sicurezza il sistema elettrico della Sardegna, facendo arrivare energia dal resto d'Italia con quel guinzaglio elettrico. La realtà è ben diversa. E la si evince dai numeri scritti tra le pieghe dello studio. La strategia italiana prevede di disseminare la terra sarda di un numero doppio, rispetto agli attuali, di pannelli e pale, per poi esportare verso il Continente tutta l'energia del sole e del vento. Gli attuali 1055 megawatt di eolico diventerebbero 2100, gli 873 megawatt solari sono destinati a diventare 2200. La sostanza si può esplicitare: quando c'è da prendere energia i soldi per portarla in continente ci sono. Spesa prevista per quel cavo, se tutto va bene, tre miliardi e settecento milioni di euro.

Vade retro

Se si tratta di portare il metano in Sardegna si devono, invece, fare le analisi costi benefici e, ovviamente, per i padroni dell'energia non conviene mai. Energia solare ed eolica che sarebbero state fondamentali per produrre idrogeno, riconvertendo le rinnovabili in energia immagazzinabile, da usare in forma concentrata quando e dove necessario, senza alcuna emissione di CO2. La conclusione del piano di Stato si concentra sulla soluzione definita "Isola". Una sentenza spietata come una condanna per futili motivi: il trasporto del metano su strada con i carri bombolai in 20 anni farebbe risparmiare 400 milioni di euro rispetto all'opzione con la costruzione della dorsale. Con la differenza che i camion scorrono su arterie viarie inadeguate, inquinano e non lasceranno ai sardi nessuna infrastruttura per il futuro dell'idrogeno, quello da produrre con il sole e il vento. Jules Gabriel Verne per le lobby resta Satana e la Sardegna Vade retro.

Mauro Pili
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