Non c'è pace per l'agroalimentare sardo. "Non sono bastate la pandemia o i danni causati nell'ultima settimana dal blocco dei porti nei principali scali marittimi regionali. Non bastava il rincaro sproporzionato di materie prime ed energia, che hanno avuto ripercussioni pesantissime sul costo finale dei prodotti alimentari. Ora ci si mette anche la grande distribuzione a peggiorare la situazione".

La denuncia è di Cna Sardegna. Le microimprese fornitrici delle insegne della distribuzione moderna - spiega l'associazione in una nota - chiedono adeguamenti dei propri listini, la maggior parte dei quali sottoscritti in tempi non sospetti e con costi di produzione ben inferiori a quelli attuali. Ma tutti o quasi riscontrano una forte resistenza con la controparte, che cerca di limitare al massimo gli aumenti o di applicarli su lunghi lassi di tempo. Gli aumenti incontrollati di energia, gas e carburanti, oltre che di quasi tutte le materie prime alimentari tra le più importanti nella dieta mediterranea, come il grano, i formaggi, la carne, erano già iniziati nella prima metà del 2021 e si sono via via significativamente incrementati senza battute d'arresto.

Tra le voci più evidenti la farina, il mais, i cereali in generale, che hanno segnato impennate sino al 100%. Ma anche burro, latte in polvere, carne, formaggi, verdure hanno registrato aumenti tra il 50 e l'80%. A questi si aggiungono tutti i prodotti non alimentari, ma indispensabili per l'operatività dell'azienda e per presentare il prodotto a scaffale, come per esempio, il packaging. Cartoni, film, pellicole di imballaggio e persino le pedane per la movimentazione delle merci hanno subito aumenti dal 60 al 80%.

I problemi - sottolinea la Cna - erano già palesi l'estate scorsa, ma si sono acuiti con il conflitto in Ucraina, complici le immancabili speculazioni del caso. Dopo un primo periodo in cui i trasformatori hanno cercato di gestire gli aumenti assorbendo e sopportando direttamente i maggiori costi, senza applicare rialzi, è stata giocoforza necessaria la decisione di proporre ritocchi dei listini nella vendita diretta, quanto nella contrattazione con la grande distribuzione.

"Per ogni vendita le aziende perdono circa il 50% - spiega il presidente Cna Agroalimentare Sardegna Alessandro Mattu - perché i produttori si stanno comunque facendo carico della differenza nell'aumento dei costi, che non stanno cercando di ribaltare completamente sul consumatore. Stanno invece cercando di assorbire l'aumento con una riduzione dei loro margini, ma a quanto pare nemmeno questo basta". 

(Unioneonline/v.l.)

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