Ad annunciare la notizia la banca centrale ungherese, la Magyar Nemzeti Bank (Mnb), che da fine settembre ha visto passare le proprie riserve di oro da 3,10 tonnellate a 31,5, per un valore complessivo vicino al miliardo e 25 milioni di dollari, tornando ad avere il quantitativo di 70 anni fa.

Al di là dell'entità dell'incremento, a stupire è il tempismo, ovvero la coincidenza tra questo acquisto e la fase di tensione acuta che stanno attraversando i rapporti tra Ungheria e Unione europea, tanto da far pensare che dietro la decisione del governo di Viktor Orban vi sia una scelta più politica che finanziaria.

"Una decisione di importanza strategica", spiega il governatore della banca centrale magiara Gyorgy Matolcsy, dopo che L'Ungheria si è vista attivare da Bruxelles sanzioni che potrebbero arrivare a toglierle il diritto di voto in Europa per le sue politiche contro la ripartizione dei migranti, come del resto i sodali del gruppo di Visegrad, ovvero Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca.

E se è vero che il Paese rientra nell'Unione europea, la sua banca centrale non fa parte del sistema della Bce, perché la nazione non ha ancora adottato l'euro.

Il mistero su questa impennata delle riserve auree aumenta ulteriormente se visto in un più ampio quadro geopolitico, perché non rappresenta un caso isolato: anche la Polonia ha fatto la stessa scelta, anche se in misura minore, e pure Germania, Olanda, Russia, Turchia e Austria, anche se in quest'ultimo caso il rientro dell'oro dalla Bank of England ha più a che fare con il timore per la Brexit.

Va detto, però, che i livelli aurei dell'Ungheria restano ancora molto lontani da quelli degli Stati Uniti, in testa alla classifica del World Gold Council con un "tesoro" di più di 8mila tonnellate, seguiti da Germania, Fondo Monetario Internazionale, Italia e Francia.

(Unioneonline/b.m)
© Riproduzione riservata