Nuovo presidio a partire da questa mattina davanti ai cancelli dell'ex Ilva di Taranto.

Diversi mezzi pesanti si sono schierati di fronte alla portineria dello stabilimento siderurgico in segno di protesta per i crediti vantati dalle aziende dell'indotto nei confronti dei gestori di Arcelor Mittal.

Sul posto anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il presidente della Confindustria Taranto Antonio Marinaro.

E mentre in serata, come riferiscono fonti sindacali, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil saranno ricevuti al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per affrontare la questione di Taranto e delle crisi industriali in generale, il giudice di Milano Claudio Marangoni, chiamato a decidere sul ricorso d'urgenza, ha invitato Arcelor Mittal a non spegnere gli altoforni di Taranto e a continuare l'attuale produzione dell'ex Ilva, almeno fino a quando non ci sarà la decisione del giudice.

In un quadro "di leale collaborazione con l'autorità giudiziaria e per il tempo ritenuto necessario allo sviluppo del contraddittorio tra le parti" arriva l'invito del giudice - non certo un provvedimento - "a non porre in essere ulteriori iniziative e condotte in ipotesi pregiudizievoli per la piena operatività e funzionalità degli impianti, eventualmente differendo lo sviluppo delle operazioni già autonomamente prefigurate per il tempo necessario allo sviluppo del presente procedimento".

LA TRATTATIVA - Il governo, intanto, si prepara a un tentativo in extremis per indurre il colosso franco-indiano a restare a Taranto, promettendo in cambio lo scudo penale, un pacchetto di ammortizzatori sociali per oltre duemila lavoratori, uno sconto sugli affitti e anche la possibilità di un ingresso di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato.

Il premier Giuseppe Conte dovrebbe vedere i vertici di Arcelor Mittal in settimana ma una data ufficiale ancora non c'è.

Per evitare che gli altiforni vengano spenti e la produzione fermata non si esclude il piano B di una nazionalizzazione ponte delle acciaierie, nell'attesa di trovare un nuovo acquirente. Ma non mancano i rischi di una decisione simile: da un lato la nazionalizzazione, sia pure temporanea, potrebbe portare a una procedura d'infrazione europea. Dall'altro c'è da individuare il management che gestisca la transizione e poi dare tempo alla cordata di formarsi.

Un ostacolo - denunciano da Confindustria Vincenzo Boccia e da ex ministro Carlo Calenda - resta però lo scudo penale. "Nessuno investe se rischia l'arresto", dice Boccia.

Il tema, secondo il ministro M5s Stefano Patuanelli, non si pone. Ma il ministro Pd Francesco Boccia al contrario afferma che "lo scudo non è un problema perché è già stato messo sul tavolo dal governo compatto".

Così non sembra, a sentire fonti M5s: "La nostra posizione non cambia", affermano.

(Unioneonline/D)
© Riproduzione riservata