Hanno avuto la faccia tosta di scriverlo, come a suggellare una promessa d’onore: «Prima di presentare qualsiasi progetto vogliamo il confronto con il territorio». Mai impegno fu cosi fugace come un colpo di maestrale, capace di spazzare in un attimo inganni e doppi giochi. In realtà, sull’altare del denaro di Stato, pronto ad abbattersi come un diluvio di incentivi sui conti correnti esteri, i signori del vento sono pronti a raccontare di tutto pur di non essere disturbati nella scalata al vento sardo. 

Banche del vento

Del resto lo hanno promesso prima di tutto ai loro azionisti, quelli della banca mondiale americana JP Morgan o agli spagnoli della Bluefloat Energy. Loro, americani e spagnoli, con una quoticina rimasta nelle mani della famiglia Falck, detengono rispettivamente il 50% della Tibula Energia s.r.l., la società che ama le promesse altisonanti, quelle in grado di strabiliare gli occhi e le orecchie degli increduli creduloni di turno. Non c’è solo la promessa di lavoro e miracoli per tutti. La frase la ripetono come un mantra. Scolpita nel titolo del paragrafo d’avvio della lezioncina sul vento sardo da valorizzare, sul futuro da tagliare a fette alla velocità di quelle lame d’acciaio piazzate in mezzo al mare come ad affettare le rotte delle navi passeggeri, dei mercantili, delle imbarcazioni da pesca e soprattutto di quei natanti da turismo che guardano al mare della Sardegna come il primato illibato del paradiso. Lo stralcio del documento dei signori di “Tibula Energia”, datato maggio scorso, lo riportiamo per esteso nella foto qui sopra.

Prematrimoniale

L’ardire dell’impegno è quasi una promessa prematrimoniale, come dire: prima di tutto rispettiamo il territorio, le istituzioni, rapportiamoci con correttezza con le popolazioni, senza imporre niente. E, infatti, scandiscono con enfasi il passaggio: «Il punto di partenza». Le parole sono tanto solenni quanto effimere, pronte a sciogliersi poco dopo come neve al sole. Scrivono: «Il coinvolgimento dei territori del Nordest dell’Isola: prima dell’avvio del procedimento autorizzativo ministeriale, le società proponenti stanno conducendo una serie di incontri con gli interlocutori del territorio per presentare la proposta progettuale, farne comprendere le caratteristiche distintive e migliorarla attraverso il dialogo e il confronto». Frasi che lette oggi sembrano la parodia di Napoleone in terra sarda: «Se vuoi avere successo a questo mondo, prometti tutto e non mantenere nulla». L’hanno preso in parola: nemmeno qualche giorno dopo quel “sacro” impegno al confronto, i signori del vento hanno bussato al protocollo della Capitaneria di Porto di Olbia, quella competente per la Costa Smeralda. In mano hanno il fascicolo che non solo smentisce quanto sostenuto sino a qualche giorno prima, ma sferra un attacco senza precedenti al mare di Sardegna.

Un cazzotto in faccia

Con una mano cercavano di stringere un patto di confronto con il territorio, con l’altra sferravano un cazzotto senza ritegno in pieno volto al mare di Gallura, uno degli Eldorado turistici dell’Isola. Un colpo da 65 pale eoliche, alte 268 metri l’una, come se in mezzo al mare venisse conficcata una selva di 65 grattacieli da 90 piani ciascuno. C’è di più. Anche dopo averlo presentato alla Capitaneria di Porto, la zarina russa, l’ingegnere di Mosca a capo del progetto, si sperticava per far “comprendere” la bontà delle intenzioni dei signorotti del vento e continuava a reiterare la promessa: «Non presenteremo niente sino al 2023». Dichiarazioni che rilette oggi, a otto giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle opposizioni alla concessione a mare, appaiono qualcosa di più di un latente vuoto di memoria. La domanda è lecita: per quale motivo questi signori hanno presentato il progetto senza avvisare nessuno, anzi dichiarando che nessuna procedura autorizzativa sarebbe stata avviata se non nel 2023? In realtà i termini sono scattati il 30 maggio scorso e dopo 30 giorni si esauriscono perentoriamente. Un blitz. Chiamatelo pure contropiede, sgambetto, doppio gioco.

Fatto compiuto

Di certo è il più maldestro tentativo di mettere i Comuni, le comunità locali, le istituzioni tutte con le spalle al muro, disegnando uno scenario da “fatto compiuto”, consumato nel silenzio più totale. I Comuni che si sono da subito dichiarati contrari a questo assalto allo sviluppo turistico delle zone costiere, devono correre ai ripari rispetto allo “sgarbo” istituzionale senza precedenti. L’atteggiamento è stato quasi quello di uno scacchiere di guerra predisposto silenziosamente, con mezze frasi e qualche slide, senza dire a nessuno. Un piano vigliaccamente negato anche dopo la presentazione in Capitaneria di quell’invasione del tratto di mare tra Olbia e Siniscola, passando per San Teodoro, Posada e La Caletta. Non una generica richiesta di concessione di un immenso specchio acqueo, ma un vero e proprio piano di occupazione del mare sardo, con tanto di planimetrie e ubicazione di pale, pseudo studi sulla fauna marina e l’attracco di cavi dentro il Porto di Isola Bianca. Peccato che nella scheda progetto, quella con ricchi premi e miracoli, ci sia scritto che la “Tibula Energia” avrebbe commissionato uno «studio paesaggistico del futuro impianto» nientemeno che a «Plain Concepts». Giusto per incantare gli amanti delle pale in mezzo al mare infiocchettano l’incarico alla società con la prosopopea dei “precursori” in terra arretrata. Sui prescelti per lo studio scrivono: «Azienda leader a livello internazionale specializzata in Intelligenza artificiale e Mixed Reality, oltre che nella riproduzione 3D».

Intelligenza del vento

Ci mancava solo l’intelligenza artificiale per spiegare la bontà del progetto. C’è un dettaglio: questi signori non hanno il dono della tempestività, litigano con la sincronia. Sempre in quei “foglietti” a supporto di questa invasione eolica del mare sardo scrivono: «Lo studio, (quello paesaggistico n.d.r.) che sarà disponibile online sul sito dedicato a Tibula Energia entro la fine del mese di giugno, intende essere uno strumento ad hoc a supporto del dialogo con il territorio». Ai signori del vento sfugge l’abc delle procedure di pianificazione territoriale: “prima” di posizionare le pale eoliche in mezzo al mare, infatti, avrebbero dovuto studiarne attentamente gli impatti paesaggistici, ambientali e marini. In questo caso, invece, gli americani e gli spagnoli hanno prima chiesto di occupare il mare della Gallura e solo dopo di fare lo studio ambientale. L’esatto contrario delle regole più elementari. Del resto sono in pochi a credere che la società prescelta, dotata di “intelligenza artificiale”, sosterrà che quell’ubicazione è un “pugno allo stomaco” dello sviluppo turistico della Sardegna.

Gli asini volano

Se ci fosse uno Stato di diritto, nel rispetto della norma costituzionale sull’ambiente, una richiesta di concessione di spazio acqueo così rilevante non sarebbe stata mai nemmeno pubblicata proprio per l’assenza di qualsiasi studio paesaggistico. Con lo stesso tempismo i procacciatori di affari eolici, in quegli appunti proiettati al muro, hanno promesso la bellezza di 3.200 posti di lavoro. Ovviamente ci hanno creduto solo quei pochi “creduloni” che hanno intravisto gli asini volare, sospinti dal maestrale di Gallura.

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