Export regionale in frenata in Sardegna.

Nel primo semestre dell’anno, al netto del settore petrolifero, il volume complessivo dell’export regionale ha segnato un calo dell'1,3% rispetto allo stesso periodo 2018. E il dato peggiora (-3%) se si include anche il comparto petrolifero che, da solo, rappresenta l’82% delle esportazioni dell’Isola.

Lo riferisce un report di Cna Sardegna, che sottolinea come ci sia però qualche segnale positivo proveniente dal settore agroalimentare.

In particolare, il lattiero-caseario (legato principalmente all'export del pecorino) dà finalmente segni di ripresa (+4%, pari a 3 milioni di euro in più) dopo un triennio disastroso.

"Il dato è doppiamente significativo se si osserva che ad incrementare il dato delle vendite sono stati i prodotti lattiero caseari ed in particolare il pecorino – commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale dell'associazione di categoria sarda -: la cosa fa ben sperare perché si tratta di un comparto che rappresenta l’unica realtà industriale regionale con una filiera quasi completamente locale e che assorbe una quota del 62% di tutto il settore agroalimentare isolano".

L'ANDAMENTO DELL'EXPORT DEL PECORINO - Il rapporto confronta le dinamiche del prezzo del pecorino con quelle del parmigiano (Grana Padano e Parmigiano Reggiano), che rappresenta un mercato estero da quasi un miliardo di euro di export nel 2018 (932 milioni, contro i poco più di 120 milioni del pecorino): nel 2015, secondo i dati Istat, il prezzo medio di vendita del pecorino era superiore a quello del parmigiano.

Negli anni successivi, tuttavia, le dinamiche sono state opposte: il pecorino, come detto, ha mostrato un calo vertiginoso dei prezzi unitari (da 9,5 a circa 7 euro al Kg nel 2019), mentre il secondo ha visto lievitare i prezzi fino a oltre 11 euro al Kg (da 8,9 del 2015). Si può affermare che esiste un problema di tenuta del prezzo nel mercato del pecorino.

Un elemento che contribuisce a spiegare dinamiche dei prezzi così sfavorevoli è la scarsa diversificazione dei mercati di sbocco del pecorino. Ad esempio, se si considerano solo i primi due mercati (Stati Uniti e Germania, sia per il pecorino, sia per il parmigiano), il valore delle esportazioni rappresenta il 70% delle vendite all’estero di pecorino, contro il 36% per il parmigiano.

Altro punto di debolezza del pecorino è la sua minore capacità di penetrare i mercati delle economie emergenti, come Cina, India, Turchia, Russia, Sud Est Asiatico e Sud America. (Unioneonline/F)
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