C'è ben poco di cui esser fiera, anche se quel nome che solo un paio di decenni fa era ancora un marchio di garanzia - Fiera, appunto, con l'aggiunta di "internazionale della Sardegna" - è poi diventato il sinonimo di flop, di fallimento. Proprio non va più, quella rassegna forse più vecchia che antica, seppure inaugurata un tempo da presidenti del Consiglio dei ministri e personalità politiche che, nel bene e nel meno bene, hanno fatto la storia del Dopoguerra e del periodo successivo. Il taglio del nastro alla Fiera campionaria di Cagliari era comunque una vetrina importante che si affacciava sugli elettori sardi, non soltanto del Capoluogo.

Ora l'hanno ribattezzata Sardegna Expo, hanno accorciato il calendario a soli cinque giorni per abbassare le spese e i canoni di affitto dei box e, soprattutto, l'hanno spostata da aprile/maggio a ottobre giurando di cambiare formula. E poi non l'hanno fatta, decidendo il rinvio a novembre (dal 13 al 17, praticamente la durata di un'iniezione intramuscolare) "per via del sovrapporsi di altre iniziative fieristiche nel medesimo periodo". È quando sostengono le note ufficiali del Centro servizi per le imprese della Camera di commercio, al quale è stata affidata (o forse sarebbe meglio dire "rifilata") una paziente Fiera è in condizioni gravissime: praticamente, moribonda. In realtà, voci neanche tanto di corridoio rivelano il peggiore dei motivi di questo rinvio: la Fiera non è riuscita a vendere una quantità sufficiente di spazi, quindi i visitatori - che dovrebbero ricominciare a pagare un biglietto d'ingresso, abolito nelle ultime edizioni perché non ci andava più nessuno - avrebbero girato in padiglioni disseminati di "buchi", di spazi vuoti rimasti invenduti, che si notano come denti mancanti in una bocca sorridente.

Gian Luigi Molinari, presidente Centro servizi per le imprese, Oristano (L'Unione Sarda - Almiento)
Gian Luigi Molinari, presidente Centro servizi per le imprese, Oristano (L'Unione Sarda - Almiento)
Gian Luigi Molinari, presidente Centro servizi per le imprese, Oristano (L'Unione Sarda - Almiento)

La "patata bollente" è nelle mani di Gian Luigi Molinari, 55 anni, presidente del Centro servizi per le imprese e, dunque, della Fiera. Pardon, di Sardegna Expo. Le idee per svecchiare quella specie di maxi-sagra paesana, che metteva insieme 25 Aprile e Primo Maggio (nel senso della Festa di Sant'Efisio, un tempo formidabile serbatoio di visitatori), non mancano, ma sono tardive: sarà difficile convincere il pubblico a visitarla, è un'impresa galattica scucire soldi agli standisti che non vendono aspirapolvere, bensì propongono prodotti di nicchia il cui mercato non è però abbastanza remunerativo da consentire di affittare uno stand.

Quella di questo mese potrebbe essere una delle ultime prove per rimettere in piedi la paziente, dopo di che qualche decisione andrà pur presa per quei tredici ettari di terreno di proprietà della Regione concessi alla Camera di commercio di Cagliari-Oristano. Terreni che, peraltro, farebbero gola alle imprese edili, considerata la fantastica posizione all'interno della città in viale Diaz, anche se difficilmente la Regione potrebbe decidere di sbarazzarsene.

"Eravamo una Fiera ferma agli anni Sessanta", sospira il presidente Molinari, "è stato utilizzato lo stesso schema fino alla consunzione, guardando indietro invece che verso avanti". Già, anche perché nel frattempo è arrivato il cosiddetto e-commerce e chi desidera qualcosa lo può acquistare anche se si trova in Australia, con un paio di clic soprattutto sui siti di colossi come Amazon o Ebay, senza contare quelli più specializzati (ad esempio, Eprice per l'elettronica).

E allora che si fa, si stacca il respiratore? "Calma", ammonisce Molinari, "prima di rinunciare, si cambia tecnica di rianimazione". Operazione assai difficile, per un quartiere fieristico che fa acqua in senso figurato e letterale: l'acquedotto interno (quindi, privato) è un colabrodo e andrebbe totalmente rifatto, ma i soldi non ci sono se non per pagare bollette mostruose ad Abbanoa. E poi, sinceramente, la Fiera è brutta da vedere e male organizzata, considerato che la sua impostazione è degli anni Sessanta e che i padiglioni - proprio come gli organi interni della paziente moribonda - non scoppiano di salute.

A dire il vero, ci sarebbero gli ottanta milioni di euro di un accordo di programma, destinati a svecchiare il recinto fieristico di viale Diaz, giusto per dare a intendere che si è capito di aver cambiato millennio rispetto alla fondazione della Campionaria della Sardegna. L'importante è utilizzarli bene, non finanziare un nuovo flop. In passato, la Camera di commercio aveva chiesto un ampliamento verso Su Siccu, per avere uno sbocco a mare e quindi essere più efficace in diversi settori, primo fra tutti la nautica, ma sarebbe inutile se non si ripensasse (e curasse) la paziente sulla terraferma, che sa fare utili solo con i concerti di grandi star che però tengono in ostaggio un intero quartiere. Non a caso, i commenti dei residenti non sono esattamente improntati all'estasi.

Per ora si pensa a unire rassegne diverse (ce ne sono troppe, in viale Diaz, a fronte di un numero di aziende esiguo), ma la soluzione -se esiste - è cambiare la vocazione della Fiera. "Cambiare il nome in Sardegna Expo", fa notare il presidente del Centro servizi per le imprese della Camera di commercio, "non è un semplice cambio di dati all'anagrafe. Qui dobbiamo rivoluzionare tutto", aggiunge Molinari, "a partire proprio dal cosa facciamo".

Il ragionamento è semplice, la sua realizzazione assai di meno, ma prima di dare indegna sepoltura alla Campionaria è giusto provare la tecnica di rianimazione estrema: cambiare tutto, fare un esperimento, anche perché le fiere generaliste sono morte o agonizzanti un po' ovunque. E siccome è una struttura in mano, seppure indirettamente, alla Camera di commercio, allora Sardegna Expo dovrà essere al servizio delle 170mile imprese che esistono nell'Isola. Occhi puntati su ciò che è tipico, e su questo versante la Sardegna proprio non si può lamentare. Il problema è che le imprese, soprattutto nell'agroalimentare, sono troppo piccole, producono troppo poco per potersi presentare nel mercato delle grandi esportazioni, quelle che richiedono tonnellate di prodotti a settimana.

"Dobbiamo aggregarle", si entusiasma Molinari, "Sardegna Expo deve diventare una grande piattaforma di imprese piccole, un contenitore in grado di risvegliare l'interesse dei grandi committenti al punto di indurli ad acquistare un biglietto aereo per Cagliari. Perché è vero che le imprese sarde hanno produzioni troppo modeste per potersi presentare nei grandissimi mercati, "ma è vero anche che, se le aggreghiamo, conserviamo la grande qualità delle loro produzioni aumentando a dismisura la quantità: basta aggregarle e mandarle sul mercato tutte insieme". Questo vuole fare la Fiera nell'era Sardegna Expo e, chissà, potrebbe funzionare. Ma a quella piattaforma declinata anche in stand, è necessario che ci arrivi ancora viva.
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