Si è concluso dopo tre ore il tavolo chiave nella trattativa tra governo e ArcelorMittal sull'ex Ilva.

Bocche cucite sui contenuti dell'incontro, cui hanno preso parte il premier Giuseppe Conte, i ministri Stefano Patuanelli, Roberto Gualtieri, Giuseppe Luciano Provenzano, Roberto Speranza, Teresa Bellanova, il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, e il sottosegretario Mario Turco.

Per ArcelorMittal c'erano il patron Lakshmi Mittal e il figlio Adyta Mittal.

"Sono fiducioso - aveva detto Conte prima di entrare - la linea del governo è che i patti vanno rispettati e che non c'è alcuna giustificazione per sottrarsi agli impegni contrattuali. Ci confronteremo e il governo è disponibile a fare tutto il necessario e il possibile perché ci sia da parte della controparte il rispetto degli impegni".

Il negoziato, questo è evidente, non è interrotto, e il governo corre ai ripari intervenendo già nel Consiglio dei ministri convocato in giornata, con il premier alle prese con il nodo di un possibile decreto ad hoc.

Nella misura si punterebbe a inserire quella norma interpretativa dell'art. 51 del codice penale che, di fatto, tutela dal punto di vista giuridico ArcelorMittal. Ma sul punto c'è il muro, soprattutto nei gruppi parlamentari, del M5S.

I NUMERI - Sono 10.777 in totale i dipendenti in Italia coinvolti nella decisione di ArcelorMittal di voler cessare il contratto sull'ex Ilva, segnando di fatto l'avvio della procedura per il disimpegno.

La gran parte degli operai è divisa tra Taranto (5.642), Genova (681) e Novi Ligure (469).

Il punto nodale della decisione di ArcelorMittal è l'abrogazione di quello "scudo penale" che rappresentava il "presupposto essenziale" per tutelare l'azienda da "responsabilità" riconducibili alle precedenti gestioni.

Tuttavia, c'è anche molto altro nell'atto di citazione con cui il colosso chiede ai giudici di dichiarare sciolto il contratto del giugno 2017 con cui si era obbligato ad acquistare, dopo un periodo di affitto dei rami di azienda, l'ex Ilva di Taranto.

Il pool di 7 avvocati che hanno firmato l'atto, oltre a questioni giuridiche e di merito, nelle 37 pagine mettono in luce anche il "generale clima di incertezza, sfiducia e ostilità" nei confronti dell'operazione industriale di ArcelorMittal.

E sottolineano che, anche a prescindere dallo "scudo penale" che è venuto meno, il non poter più utilizzare alcuni altiforni, a causa di provvedimenti giudiziari, rende comunque "impossibile" eseguire il contratto.

La richiesta principale dei legali del gruppo è che venga "accertata e dichiarata" dal Tribunale "la risoluzione del contratto" in base al diritto di recesso esercitato dall'azienda con la lettera sottoscritta dall'ad Lucia Morselli e resa nota lunedì.

(Unioneonline/D)

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