Imprenditrici e collaboratrici unite da una “proposta di crescita” – “firmata” da Confartigianato Sardegna e Università di Cagliari – per ridurre, nell’Isola, il divario di genere nel mondo produttivo e favorire la nascita di nuove imprese femminili.

È quanto emerso dall’incontro, a Oristano, dal titolo “SWAE, Sardinian Women, Artisan Empowerment”, realizzato nella mattinata di ieri con la collaborazione di Artigiancassa.

Presentati, con l’occasione dell’appuntamento, i dati sulle imprese al femminile in Sardegna: quasi 40mila realtà che raccolgono oltre 120mila dipendenti.
I DATI – Nell’Isola, nel dettaglio, sono 39.374 le imprese guidate da donne, che operano per lo più nei settori dei servizi alla persona e della pulizia, della moda e delle attività di ristorazione: queste rappresentano il 22,9% di tutte le realtà produttive dell’Isola. Ben 4.327 aziende sono gestite da giovani donne. Su tutta la platea delle donne imprenditrici, quasi 5.946 sono imprese artigiane (il 15,1%). Ed é proprio sul lavoro delle donne che si è abbattuta con maggior violenza la forza della crisi legata al Covid-19: i numeri, anche se in leggera ripresa, evidenziano come le donne oggi lavorino meno e siano anche colpite da una maggiore disoccupazione rispetto al 2019.

A livello territoriale, nella vecchia provincia di Cagliari le imprese donna sono 16.114 di cui 2.465 artigiane (15,3% sul totale imprese donna), su Sassari-Gallura sono 12.672 di cui 2.075 artigiane (16,4%), a Nuoro sono 7.456 di cui 1.056 (14,2%) artigiane e a Oristano 3.132 con 350 artigiane (11,2%).

“Le imprenditrici hanno pagato il prezzo più alto della crisi pandemica, ma hanno anche saputo affrontare le difficoltà con
eccezionali capacità di resilienza, problem solving, abilità multitasking – il commento di Maria Amelia Lai, Presidente di
Confartigianato Imprese Sardegna – su queste doti tipicamente femminili dobbiamo continuare a far leva per essere artefici del nostro futuro”.
I dati hanno anche ricordato come nel periodo della pandemia nel Paese si sia registrato un calo del 7,8% dell’occupazione femminile indipendente, a fronte del -6,1% registrato dalla componente maschile.
Trend negativo anche sul fronte del fatturato delle imprese guidate da donne con una diminuzione di 4,4 punti rispetto alla media. Non va meglio per quanto riguarda gli impegni familiari dove le donne, nel ruolo di genitore, a causa della chiusura delle scuole durante la pandemia hanno sopportato un carico di lavoro doppio rispetto agli
uomini.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro l’occupazione rimane inferiore dello 0,8% rispetto ai livelli pre-crisi e si registra un
calo dell’1,1% della componente femminile di intensità doppia rispetto a quella degli uomini (-0,6%). 
Ai record negativi però si accompagnano anche primati positivi del nostro Paese che è al primo posto in Europa per il maggior numero d’imprese a conduzione femminile, ben 1.336.227. Se l’Italia è, dunque, il “Paese dell’anno”, come ha decretato “The Economist”, questo numero dimostra che il merito è anche delle donne e della loro grande capacità di reagire e affrontare un momento così difficile come quello vissuto con la pandemia.
IL SONDAGGIO – Confartigianato, a livello nazionale, ha elaborato un sondaggio con l’obiettivo di capire come le imprenditrici artigiane abbiano iniziato questo 2022.  Dalle risposte, sono essenzialmente due le parole chiave che sono
apparse in ogni risposta: fatica e resilienza. Fatica, perché nonostante il 2021 sia stato l’anno della ripartenza,
le MPI e imprese artigiane femminili non sono state in grado di recuperare i livelli di fatturato pre-crisi e hanno registrato una
variazione media dei ricavi, nel 2021 rispetto al 2019, negativa del -9,7%, più pesante rispetto al -8,8% totale. Resilienza, perché anche se più colpite dalle conseguenze della pandemia, le imprenditrici artigiane si dimostrano più combattive e pronte a reagire adottando, o esprimendo l’intenzione di adottare nel prossimo futuro, una o più azioni di sviluppo per riuscire a restare sul mercato incrementando la propria capacità competitiva, come dichiarato dal 61,2% di loro, quota superiore al 55% totale.

Fra i margini di miglioramento su cui poter intervenire per migliorare la condizione delle donne al lavoro, l’importanza e la
centralità dell’istruzione e dei servizi di assistenza
(servizi per l’infanzia, asili nido etc).

“L’augurio che possiamo, e dobbiamo, farci – conclude Elisa Sedda, Responsabile Imprese Femminili e Pari Opportunità di Confartigianato Imprese Sardegna – è che ogni donna possa, in tempi brevi, conquistare ciò che per se è più caro, come: autonomia, rispetto, maternità retribuita per indipendenti, cambiamento culturale, fiducia, considerazione, condivisione del tempo di cura, libertà di scelta, non dover scegliere tra lavoro e famiglia, tutele, opportunità, sicurezza, parità di competenze, più tempo, nessuna rinuncia e tranquillità”.

(Unioneonline/v.l.)

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