Maria Teresa Spanu, Presidente di sezione della Corte d’Appello di Cagliari, sede distaccata di Sassari, è Giudice che non guarda in faccia a nessuno. La sentenza appena emessa è di quelle da calibro pesante: i conguagli pregressi 2005-2011 emessi da Abbanoa sono fuorilegge. Non per modo di dire, ma per una lezione di diritto che il collegio della Corte d’Appello, con Cinzia Caleffi e Francesca Manconi, mette nero su bianco in una decisione che trasforma l’estate di Abbanoa in una Caporetto senza precedenti. Non sono passate nemmeno 48 ore dalla multa del secolo, 5 milioni di euro, inferta dall’Antitrust al gestore idrico della Sardegna per pratiche scorrete, che per i gestori dell’acqua pubblica arriva l’ennesima durissima mazzata. Una sentenza che può pesare molto più della stessa sanzione dell’Autority.

106 milioni di conguagli

In ballo, infatti, ci sono 106 milioni di euro, tanto Abbanoa pensava di incassare da quei conguagli pregressi del 2005- 2011 con bollette “illegittimamente” emesse nel 2017. La sentenza della Corte è “limitata” ai soli soggetti che si sono rivolti ai Giudici di primo grado impugnando quelle bollette, ma è fin troppo evidente che la decisione dei Magistrati di secondo grado “smonta” l’intero “sistema” dei conguagli e quei prelievi illegali dalle tasche delle famiglie sarde. Più che una sentenza, quella depositata ieri in cancelleria, è un manuale di diritto civile, con un richiamo puntuale a principi cardine dell’ordinamento, dalla gerarchia delle fonti all’irretroattività. A impugnare quelle bollette, con tanto di esosi conguagli, tanto inattesi quanto illegali, era stato un gruppo di imprenditori turistici del nord Sardegna che avevano deciso di reagire a quello che appariva come un sopruso non solo finanziario. A sancire che i conguagli non fossero una questione meramente economica è proprio la Corte d’Appello che dichiara:«Si tratta di una domanda di tutela di diritti soggettivi».

No a modifiche unilaterali

In pratica, secondo i Giudici, la questione riguarda i fondamenti del diritto civile e del rapporto contrattuale tra utente e gestore del servizio idrico. Il tema chiave è la modifica unilaterale del contratto sottoscritto, invece, da ambo le parti contraenti. La sostanza è elementare: Abbanoa non poteva in alcun modo, per conto proprio, in dispregio del rapporto negoziale bilaterale, modificare il contratto di servizio idrico. Aver aggiunto alla tariffa idrica, per giunta ignorando volutamente le norme sulla prescrizione, voci di costo relative a “fantomatici” conguagli, peraltro non attribuiti a consumi, ha costituito una violazione alla radice del diritto civile. Abbanoa si è sempre difesa richiamando la delibera dell’Autorità regolatrice del sistema idrico. I Giudici sono tranchant: la gerarchia delle norme prevede che la delibera di un soggetto “non legislativo” come l’Arera, che dunque non ha il potere di fare leggi, non possa in alcun modo prevalere sulle disposizioni del Codice Civile, il Vangelo del diritto, sino a prova contraria. La sentenza della Corte d’Appello “stronca” senza remore le pretese della società idrica, a partire dalla contestazione della giurisdizione processuale. In pratica Abbanoa chiedeva alla Corte d’Appello di rigettare la sentenza del Tribunale di Nuoro perché riteneva che i Giudici legittimati a pronunciarsi fossero quelli Amministrativi e non quelli Civili. La formula adottata dai Magistrati di Sassari è netta: «La doglianza è infondata e la giurisdizione del giudice ordinario deve quindi essere confermata».

Irretroattività sacrosanta

I Giudici nella sentenza gettano alle ortiche le ridondanti perdite di tempo proposte da Abbanoa per difendere l’indifendibile e in modo forte e chiaro fissano l’oggetto del contendere: «È evidente che il bene per il quale la ricorrente chiede tutela è il rispetto delle condizioni contrattuali stipulate tra le parti tra le quali vige il principio che la tariffa, intesa come corrispettivo della fornitura del servizio idrico, deve essere commisurata ai consumi effettivi e composta da diverse voci che devono, però, essere predeterminate e non soggette a variazioni sulla base di valutazioni ex post circa l’equilibrio della gestione, pena la violazione del principio di irretroattività dell’atto amministrativo». Due capisaldi, condizioni contrattuali bilaterali e principio inviolabile dell’irretroattività, che costituiscono il cuore della decisione dei Giudici. Nonostante questo Abbanoa, però, ha tentato in tutti i modi di scardinare la decisione di primo grado dei togati di Nuoro, compresa l’affermazione secondo la quale la sentenza fosse gravata da «difetto di motivazione», difendendo «la legittimità della delibera n. 18 del 26 giugno 2014 e la pretesa delle partite pregresse».

Senza potere

Niente da fare. La Corte d’Appello non ama i fronzoli: «Il motivo è infondato». E con una ricostruzione puntuale delle norme i Giudici arrivano ad affermare che «l'autorità competente, approva una tariffa il cui ammontare sia tale da assicurare la copertura dei costi di investimento», ma le norme in vigore «non attribuiscono il potere all’Autorità di determinare le tariffe in modo retroattivo ed in violazione dell’art. 11 delle preleggi». Nel passaggio dirimente sulle fonti e sulle gerarchie delle norme la sentenza ripropone una lezione magistrale del diritto. Riferendosi alle disposizioni applicate da Abbanoa i Giudici scrivono: «Manca quindi la norma attributiva del potere all’Autorità amministrativa, competente in tema di tariffe, di imporre partite pregresse con evidenti effetti retroattivi e, pertanto, la delibera sulla base della quale Abbanoa ha preteso il pagamento nel 2017 dei costi non ricoperti per il periodo 2005/2011 si pone in contrasto con i superiori principi del nostro ordinamento giuridico, quali il principio di irretroattività e quello dell’autonomia contrattuale delle parti di cui all’art. 1322 c.c.». In pratica Abbanoa avrebbe applicato e interpretato a modo suo le disposizioni dell’Autorità, l’Arera, dimenticandosi che tale soggetto non era legittimato ad emanare quel tipo di clausole contrattuali, per giunta palesemente in contrasto con i capisaldi del Codice Civile.

Illegale

Sono sempre i Giudici a spiegare l’illegittimità di bollette e conguagli: «Operando le modifiche tariffarie retroattivamente per i consumi già effettuati, si realizzerebbe, nell’ambito del rapporto negoziale oggetto di accertamento, da un lato, una evidente violazione del principio di legalità e quindi, irretroattività degli atti amministrativi e dall’altro, comunque, una evidente violazione dei principi posti a fondamento del rapporto contrattuale». Tutto questo, aggiunge la Corte, perché Abbanoa non poteva «modificare unilateralmente il corrispettivo pattuito dopo avere dato corso alla somministrazione della fornitura, ciò in ragione della tutela dell’affidamento e della buona fede nell’esecuzione del contratto, principi richiamati dal primo giudice a corredo della rappresentazione privatistica del rapporto». Sull’illegittimità di quelle partite pregresse, finite nelle 750.000 bollette degli utenti sardi, i Giudici sono espliciti: «I conguagli che ne derivano vanno ad incidere sul corrispettivo della prestazione già esaurita e remunerata, corrispettivo che l’ente gestore pretenderebbe di integrare al solo scopo di riequilibrare i costi». La sentenza di secondo grado, di fatto anticipa, eventualmente, anche quella di terzo grado, quella della Cassazione, visto che l’Alta Corte si è già pronunciata in maniera inequivocabile sui conguagli affermando che qualsiasi componente aggiuntiva della tariffa «non può non porsi in contrasto con il principio di irretroattività. Ne consegue l'illegittimità del meccanismo di recupero per violazione del citato art. 11.».

Restituire i conguagli

La conclusione della sentenza è senza ritorno: «L’appello deve dunque essere respinto, condannando l’appellante alla rifusione in favore dell’appellata delle spese processuali. La Corte, definitivamente pronunciando: rigetta l’appello proposto da Abbanoa avverso l’ordinanza del Tribunale di Nuoro del 26.11.2018». L’udienza è tolta. Ora gli imprenditori turistici che si sono opposti riceveranno indietro le somme versate, con annessi e connessi, per quei conguagli fuorilegge. Resta da capire quale decisione assumerà la Regione, principale azionista di Abbanoa, rispetto a questa ennesima sentenza sui conguagli 2005-2011. Di certo non potrà fare a meno di valutare la revoca in sede di autotutela di quei provvedimenti sui conguagli, anche per evitare ulteriori danni erariali ai quali, poi, i responsabili saranno comunque chiamati a rispondere. E nel diritto erariale la regola è aurea: chi sbaglia paga.

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