Città sarde sempre più “desertificate” dal punto di vista commerciale, sia nei centri storici sia nei quartieri.

È quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa nei centri urbani italiani, realizzata in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. I dati del report riguardano 120 Comuni medio-grandi italiani, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi. L’Isola riflette un trend che riguarda tutto il Paese: in Italia dal 2012 a oggi sono infatti circa centomila le attività di commercio al dettaglio che hanno chiuso, complice la diffusione sempre più capillare dei colossi della grande distribuzione, ma anche la doppia crisi, energetica e pandemica, che ha messo in ginocchio molte imprese.

Solo in Sardegna i centri urbani hanno perso in un decennio (2012-2022) 637 negozi, tra centro e periferie. Nel dettaglio, è Sassari la città in cui, in termini assoluti, hanno abbassato le serrande più attività: 262, seguita da Oristano (65) e Cagliari (59). A Nuoro il bilancio è in negativo di 55 unità, a Olbia di 52. E ancora: a Iglesias hanno chiuso 46 imprese di commercio al dettaglio, 43 a Carbonia e 42 a Tempio Pausania. 

«La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e il coinvolgimento delle parti sociali», ha commentato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.

(Unioneonline/F)

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