Il trisnonno apicoltore, il nonno pure, così il padre. Lui, però, Francesco Caboni, Presidente di Terrantiga, il più importante consorzio di produttori di miele dell’Isola, erede di una dinastia di apicoltori, rischia di essere l’ultima generazione di quell’antica arte che raccoglie miele, quello prodotto da milioni di “operaie” sotto la guida di sapienti “regine”. Lo scenario è drammatico: «Siamo davanti ad un bivio: abbandonare gli alveari perché è troppo oneroso o pensare a gesti eclatanti, come quello di portarli in Regione al cospetto di una giunta per troppi anni assente rispetto alle richieste degli apicoltori». Il Presidente di Terrantiga non usa mezze frasi: siamo pronti a portare gli alveari di api nei palazzi della Regione. L’ultimo colpo di grazia ad un settore già duramente provato si è consumato tra maggio e giugno con temperature record che hanno fatto naufragare l’auspicato “ricco raccolto estivo del miele di eucalyptus”.

Disastro termico

«Dopo una primavera travagliata soprattutto nel sud-centro Sardegna dove le condizioni meteo non hanno permesso il raccolto primaverile si sperava in una produzione importante per uno dei mieli più tradizionali – dice Francesco Caboni. L’incredibile anomalia termica ha, invece, irrimediabilmente compromesso anche questa aspettativa». E, in effetti, è stato proprio l’andamento climatico di questo inizio estate, con l’innalzamento smisurato delle temperature, a fare il resto. Il Presidente di Terrantiga è lapidario: «I dati del Cnr sono impietosi: quasi 3 gradi in più di media nel mese di maggio e giugno. Si tratta delle temperature più calde di sempre con l’eucalipto che, a causa degli scompensi climatici fiorisce prima e viene colpito da una forte ondata di calore con medie tra i 36 e 44° nel cuore del Campidano. Una condizione che ha fatto rinsecchire i fiori e annientato ogni possibilità di futuri raccolti».

Il conto dei danni

Il conto dei danni è pesantissimo da nord a sud dell’Isola: «La perdita di produzione – secondo le stime del Consorzio con sede a San Sperate - è valutata attorno al 66%, rispetto ad una regolare produzione. Questo significa che un apicoltore ha avuto un mancato reddito di almeno 120 euro per alveare, un’enormità visto che si tratta di oltre due terzi della produzione prevista».

77 mila alveari

I calcoli sono presto fatti: in Sardegna ci sono circa 77.000 alveari e il miele di eucalipto è uno dei raccolti più ambiti dagli apicoltori isolani. La perdita significa un danno produttivo di migliaia e migliaia di quintali di miele, si calcola un danno che supera abbondantemente i 9 milioni di euro per il mancato raccolto che peserà enormemente nel bilancio di tutta l’apicoltura sarda. Il riferimento al danno contingente, senza parlare di tutti i fattori che stanno minando alla radice il comparto produttivo, è sintetizzato in pochi dati: con una regolare produzione è plausibile attendere almeno circa 36 kg di miele da ogni alveare, la media registrata in questa stagione, invece, è di soli 12 kg, 24 in meno.

Perdite gravi

Si tratta di una perdita economica gravissima che rischia di sommarsi ad altri fattori, compresi gli aumenti di molti materiali indispensabili alla conduzione delle aziende, mettendo sul lastrico le attività produttive isolane. «Quello che si prospetta per gli apicoltori professionisti è un futuro sempre più incerto. Tutto ciò – sostiene il rappresentante del settore – ci costringe a ridurre il numero degli alveari o addirittura meditare l’abbandono impoverendo il comparto di esperienza e capacità lavorative ottenute in decenni. L’aumento dei costi di gestione, poi, ha colpito pesantemente un settore che con il nomadismo delle arnie è esposto all’aumento del caro benzina”.

Rischio tracollo

Nel settore apistico dell’Isola, fondamentale anche per la funzione delle api nel sistema biologico, il rischio è quello di un vero e proprio tracollo economico.«Non bastavano 10 anni di sconvolgimenti climatici e dell’invasione del miele estero. Con questa ennesima mazzata – dice Francesco Caboni - le basi per la sopravvivenza dell’apicoltura professionale non esistono più. Le alte temperature, la scarsità di piogge e non ultimo la deforestazione causata dalle centrali di biomasse, hanno contribuito a ridurre drasticamente la produzione di una delle eccellenze dell’Isola».

J’accuse

Alle condizioni climatiche avverse e l’invasione di mieli cinesi e non solo, si aggiunge l’indifferenza delle istituzioni. Ed è qui che il j’accuse si fa più serrato: «Il settore apistico è stato completamente dimenticato dalla Regione».Il richiamo è all’incendio dello scorso anno che ha devastato foreste e rigogliosi habitat naturali per la produzione di miele: «Dopo che molti apicoltori hanno perso centinaia di alveari durante gli incendi e dopo aver ricevuto tante promesse, sono ancora in attesa degli aiuti annunciati. Nessuno sa più nulla. La Regione si è prodigata a mandare tecnici per monitorare le perdite degli apicoltori, ma a distanza di un anno non è successo nulla. Ci si chiede seriamente se vi è la reale volontà di intervenire o è stato solo fumo negli occhi».

Esclusi da tutto

Le difficoltà del comparto apistico dell’Isola sono legate anche ad una discriminazione strutturale: il settore è uno dei pochi che, nonostante il suo ruolo fondamentale per la biodiversità, non riceve aiuti dalla Politica Agricola Comunitaria. Oltre al danno la beffa. Ora, però, le api, “operaie e regine”, per la prima volta nella storia, potrebbero “marciare” verso viale Trento. Chissà che qualcuno non se ne accorga.

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