Gli esseri umani sono sempre stati in movimento. Fin dalla più remota Preistoria si muovevano da soli oppure in gruppo per raccogliere radici e frutti spontanei oppure per inseguire le prede durante la caccia. In questo loro vagare i nostri più antichi antenati si spostarono dall’Africa - secondo la maggior parte degli studiosi terra di origine degli esseri umani – sempre più lontano. Se Homo erectus, più di un milione di anni fa, aveva già raggiunto dal natio continente africano l’Europa e l’Asia, è stata la famiglia di ominidi a cui noi tutti apparteniamo, cioè Homo sapiens, a raggiungere con un cammino durato decine di migliaia di anni tutti i continenti, eccetto l’Antartide.

Queste migrazioni preistoriche non sono state certo le ultime. In epoca neolitica gli esseri umani diventarono allevatori e agricoltori, si insediarono nei primi villaggi e poi nelle prime città. Molti dei nostri antenati si trasformarono in sedentari, ma non per questo il nomadismo scomparve del tutto e i popoli smisero di migrare alla ricerca di terre più fertili oppure perché spinti dall’arrivo di altre popolazioni. Le vicende della Mesopotamia furono tutte un susseguirsi di migrazioni di popolazioni che cercavano di insediarsi nella fertile terra tra i due fiumi, il Tigri e l’Eufrate.

Potremmo continuare a lungo nonostante le pagine di troppi saggi e manuali di storia tendano a escludere i nomadi, salvo qualche riferimento quando il loro peregrinare viene a cozzare contro le società stanziali. Il saggio del giornalista, storico e viaggiatore Anthony Sattin intitolato "Nomadi” (Neri Pozza, 2023, Euro 28, pp. 432. Anche Ebook) sana questa mancanza. È, infatti, la storia, finora mai scritta, della civiltà raccontata attraverso le vicende di coloro che ne sembrano estranei. Sattin, con un racconto di ampio respiro che risuona di echi antichi e riverbera nell’oggi, ci ricorda come proprio alle popolazioni in cammino si debbano i grandi monumenti in pietra prima che si erigessero le piramidi. Inoltre, i migranti addomesticarono il cavallo, modellarono l’arco che per millenni è servito soprattutto per sfamarsi. Anche popoli che siamo soliti considerare sedentari e che sicuramente in massima parte lo furono, come i Greci, in realtà furono in costante movimento. Con la cosiddetta prima colonizzazione greca (a partire dall’XII secolo a.C.) raggiunsero le coste dell’Asia minore e le isole antistanti. Durante la seconda colonizzazione (a partire dall’VIII secolo a.C.) i Greci si diffusero in buona parte del bacino del Mediterraneo e sulle coste del mar Nero. Dove sbarcavano, trovavano spesso le colonie fondate da un altro popolo di viandanti, i Fenici.

A stabilizzare per secoli il bacino del Mediterraneo furono i Romani, un popolo che costruì un impero basato sulla sedentarietà dei suoi campi coltivati e dei suoi centri urbani. I Romani dovettero, però, costantemente confrontarsi con le popolazioni nomadi che vivevano a contatto con il limes. Erano nomadi e in perenne movimento i popoli del deserto che vivevano ai margini delle province africane di Roma. Erano nomadi i Celti che nel corso del I millennio a.C. misero a ferro e fuoco l’Urbe e raggiunsero nelle loro migrazioni la Penisola iberica, l’attuale Francia, le Isole britanniche, i Balcani, la Grecia settentrionale e l’Asia Minore. Infine, l’Impero romano dovette fronteggiare per secoli la pressione delle popolazioni germaniche. Quelle che dal punto di vista dei Romani del tempo furono le invasioni barbariche furono vere e proprie migrazioni di popoli, in movimento dall’Europa centrale verso il Mediterraneo sotto la spinta di nomadi provenienti dalle steppe dell’Asia, gli Unni. Quegli stessi Unni che nei primi secoli del I millennio d.C. misero sotto pressione a est l’Impero cinese e i regni dell’India settentrionale. 

Diedero grande impulso alla poesia e alla narrazione e furono sempre più sensibili degli stanziali al rispetto della natura. Multiculturali per definizione, i migranti furono più tolleranti delle religioni altrui, favorirono lo sviluppo dei commerci e contribuirono alla fioritura culturale dell’Eurasia, orientando il cammino dell’umanità. Dalla rivoluzione neolitica al XXI secolo, passando per l’ascesa e caduta di Roma, i grandi imperi nomadi degli Arabi e dei Mongoli, i Moghul e lo sviluppo della Via della Seta, “Nomadi” esplora le relazioni spesso turbolente tra società sedentarie e mobili e il loro reciproco contrappeso, fornendo una visione radicalmente nuova della civiltà umana. Esplorando la biologia evolutiva e la psicologia dell’irrequietezza che ci rende umani, l’ampia storia di Anthony Sattin ridisegna così il ruolo del nomadismo dalla Bibbia fino al suo declino e alla sua demonizzazione attuale.

La copertina
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