Cosa rende un’artista una diva? Certo la popolarità e la capacità di accendere le fantasie e l’immaginazione del pubblico. Inoltre, una diva deve essere allo stesso tempo vicina e irraggiungibile, comprensibile e aliena, imitabile in qualche tratto ma inimitabile nella sua complessità e totalità. Una diva deve poi portare dentro di sé una diversità che la rende unica.

Milva aveva queste doti: era e continua a essere una diva. Lo testimoniano le centinaia di dischi che ha inciso in una carriera cinquantennale. Lo testimoniano le collaborazioni con personalità distanti tra loro e del calibro di Astor Piazzolla, Franco Battiato, Enzo Jannacci, Giorgio Strehler. Lo testimonia la capacità di passare dal teatro di Bertold Brecht, al varietà televisivo, transitando attraverso un recital alla Scala e una “puntata” a Sanremo (in realtà ci è stata ben 15 volte!) rimanendo sempre, costantemente, profondamente Milva. Milva con la sua voce inconfondibile come inconfondibili erano le movenze sul palco, gli sguardi, i sorrisi, il movimento delle ciglia e il roteare improvviso della lunga chioma rossa.

Il bel libro che le ha dedicato la figlia Martina Corgnati intitolato non a caso "Milva. L’ultima diva” (La nave di Teseo editore, 2023, euro 20, pp. 256. Anche Ebook) rappresenta un’occasione per avvicinarsi alla grande artista ripercorrendone la lunga avventura umana e artistica che l’ha vista protagonista di tante partenze e ripartenze, di nuovi inizi esaurita una precedente esperienza. In quella che è una vera e propria autobiografia - data la vicinanza tra madre e figlia, tra autrice e protagonista del libro – ci sono gli inizi di quella che all’anagrafe venne chiamata Maria Ilva Biolcati, di Goro, provincia di Ferrara, classe 1939. Ci sono gli esordi nelle balere, i primi successi, la cantante da hit parade degli anni Sessanta del Novecento. Poi Maria Ilva divenne in tutto e per tutto Milva, dedicandosi al teatro, alla canzone impegnata. Ebbe la forza di guardare oltre i confini per lei rassicuranti del Belpaese per proporsi a livello internazionale, divenendo così una star in un paese come la Germania, dove i nostri cantanti non hanno mai furoreggiato, ed esibendosi pressoché ovunque, da Parigi al Giappone. In questa continua ricerca di una dimensione che non la facesse passare di moda cambio spesso la sua esistenza, almeno cinque volte secondo il racconto di Martina Corgnati, accompagnandosi a persone nuove, calcando palcoscenici differenti e accettando sfide che la incuriosivano.

Di queste cinque vite il libro di Martina Corgnati offre un racconto intenso, intimo, che però non nasconde la complessità della donna e dell’artista come ricorda l’autrice nella prefazione del volume quando definisce Milva, sua madre: “Un’interprete di eccezionale talento, versatilità, sensibilità e qualità musicali, che è anche […] una donna complicata, impulsiva, esigente, egoista e generosa, raramente felice: una donna che dai vent’anni agli ottanta è stata sommersa dalla sua stessa immagine pubblica, talmente ampia e ingombrante che le ha lasciato relativamente poco spazio per trovare se stessa”. Ma come avrebbe potuto essere diversamente trattandosi di una diva?

La copertina
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