Autunno 1942, Siberia. Il sergente dell’Armata rossa Dorotov ha pianificato il viaggio in ogni dettaglio. Partirà da Tjumen’ e attraverserà una serie di centri urbani per sottrarsi alle insidie delle campagne che potrebbero celare agenti della controrivoluzione. Lo scopo, uno solo: sottrarre al controllo delle autorità sovietiche il corpo imbalsamato di Lenin, che è stato spostato in fretta e furia da Mosca minacciata dall’invasione nazista.

Insieme al sergente Dorotov ci sono il soldato semplice Antonov, reduce da una lobotomia per aver notato una certa mobilità nel venerabile cadavere, e Olga, una donna dagli occhi verdi e ostinati che sembrano suggerire a chi le sta intorno l’urgenza di un matrimonio per spegnere quell’impudenza nel suo sguardo. Alle calcagna dei tre l’impetuosa avanzata della quarta armata corazzata tedesca del generale Hoth.

Inizia così per Dorotov e per i suoi compagni un pellegrinaggio fisico e mentale attraverso la Grande Russia, un’avventura del pensiero alla ricerca della moralità incorrotta, della totale integrità ideologica, dell’assenza dei guasti che hanno rovinato il socialismo. In altre parole, di un mondo utopico e perfetto. Uno in cui nemmeno la morte esista più: la Repubblica popolare di Leninesia.

A cent’anni esatti dalla morte di Lenin, avvenuta il 21 gennaio 1924, Francesco Pala prende spunto dal padre della Rivoluzione russa per dare vita a romanzo potente, visionario, filosofico e divertentissimo, vincitore della sesta edizione del Premio Neri Pozza. "L’ultimo viaggio di Lenin” (Neri Pozza, 2024, Euro 18, pp. 288. Anche Ebook), infatti, è un’avventura picaresca, colta e ironica che ci parla di un desiderio che ci accomuna un po’ tutti: quello di vivere per sempre.

A Francesco Pala, originario di Nuoro, abbiamo chiesto prima di tutto come è nata la vicenda narrata nel romanzo: «Nasce dal bisogno di raccontare un mondo del tutto diverso dal nostro. Un universo immerso in passioni travolgenti e totalizzanti. Mi sono chiesto: cosa può diventare un essere umano investito dalla forza dirompente di un travolgimento ideale? Quali potenze nascoste può scatenare l’adesione ad un’impresa che chiede di conquistare l’impossibile? Quanto dolore, amore, coraggio, sofferenza può sopportare una persona innamorata di un sogno?».

Chi è il sergente Dorotov?

«Agli occhi di tutti è solo un graduato dell’Armata rossa coinvolto nella Seconda guerra mondiale. In pochi sanno che Dorotov, in un momento decisivo della sua esistenza, si è lasciato sedurre da un progetto segreto che coinvolge una complessa organizzazione di uomini, accomunati dall’adesione ad una dottrina esoterica contenuta in un libro stampato in due sole copie: l’Itinerarium mentis in Lenin. L’organizzazione ha un obiettivo ambizioso e complesso: impadronirsi del corpo di Vladimir Lenin. Dorotov ha un ruolo operativo fondamentale che gli è stato assegnato per il rigore quasi maniacale con cui intende portare a termine il suo compito. È ascetico, monacale, inflessibile, un uomo del tutto dominato dalla causa per cui ha rinunciato a ogni cosa».

Cosa rappresenta Lenin per Dorotov?

«Lenin immobile, sospeso in una dimensione senza tempo, rappresenta per Dorotov il tramite tra due mondi. Il miracolo che, attraverso l’imbalsamazione, ha interrotto il deterioramento del corpo del leader rivoluzionario è la promessa di una nuova frontiera: la sconfitta della morte per via scientifica e, addirittura, la rinascita dei defunti. Riportare in vita Lenin significherebbe invertire il corso del destino umano e appropriarsi del mistero della fine, per realizzare un comunismo autentico, non più soggetto ai limiti della caducità umana».

E per lei cosa rappresenta il padre della Rivoluzione russa?

«Io credo che la decisione di eternare il corpo di Lenin nascondesse una profonda incertezza sul destino del comunismo sovietico da parte di chi sperava di prendere le redini del comando dopo la sua morte. Un’inconscia consapevolezza dei limiti di un progetto palingenetico che prometteva, o minacciava, a seconda dei punti di vista, di rifondare la natura umana. Allo stesso tempo, il corpo addormentato del leader rivoluzionario ha incarnato la presunta intangibilità del Comunismo, un salvacondotto contro le spinte disgregatrici della storia».

Cosa rappresenta la repubblica popolare di Leninesia?

«Il vertice dell’utopia, il magnetismo dei sogni, l’ossessione per la perfezione e l’assoluto: il Comunismo dell’eternità».

Soprattutto: può esistere Leninesia oppure è solo una utopia?

«Non so dire se esisterà mai la possibilità di spingersi oltre i confini della mortalità umana. Di certo, descrivendo la vicenda dei leninesi volevo mettere in scena la vertigine dell’utopia, il suo essere sempre in bilico tra la redenzione e l’incubo. Non c’è niente di più pericoloso dei sogni mai avverati».

La copertina
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