Attraverso la sua satira, cronaca e costume si fondono in un’esilarante sintesi in romanesco della nostra società: questo potrebbe essere un buon modo per introdurre Federico Palmaroli e lo spirito mordace e genuino che anima le sue vignette. Un modo ancora migliore e sicuramente più divertente è quello di leggere “Come dice coso” (Rizzoli, 2022, Euro 16,90, pp. 192. Anche Ebook), diario di viaggio dell’anno appena trascorso, compendio di battute folgoranti, manuale per capire la società contemporanea e per leggere tra le pieghe di una politica sempre più distante dalla gente.

L’ultimo libro di Federico Palmaroli è questo e altro ancora. Perché regala buonumore e riesce a farci ridere di fatti e personaggi che, in realtà, ci hanno soprattutto irritato nei mesi passati. Il trucco per riuscirci è semplice e allo stesso tempo complesso: l’abilità dell’autore non sta solo nella ricerca della battuta, sempre felice e penetrante, ma anche nella scelta della foto e della situazione su cui innestare l’efficacia della battuta. E chiunque abbia un profilo sui social, o comunichi via chat, di certo avrà visto, almeno una volta nel corso dell’anno, una delle sue strepitose freddure visive, che ritrova in questo volume, ordinate in senso cronologico, in un crescendo umoristico irrefrenabile.

Negli scatti modello fotoromanzo di Palmaroli, la voce della piazza irrompe nel Palazzo e, ancora una volta, ci offre la sintesi definitiva di una situazione politica e sociale spesso deludente, accendendo una volta di più i riflettori su una delle peculiarità di noi italiani: la tendenza innata a dissacrare e a diffidare di tutto.

Come nascono le sue freddure visive: si parte della foto o viene prima in mente la battuta?

«Prima di occuparmi della politica, le mie vignette facevano la parodia di un tipico maestro spirituale venuto dall’India, il famoso Osho. Bastava una posa di Osho e vi aggiungevo la battuta, giocando sul contrasto tra la sua fama di mistico e saggio e la banalità che gli facevo dire in quel momento. L’immagine riprendeva il maestro con un berretto di lana e vi aggiungevo la classica banalità del tipo: "Non è tanto il freddo. È l’umidità che te frega”. Passare alla satira politica ha aumentato il livello di difficoltà: si deve fare una sintesi tra ciò che si vuole esprimere, la giusta battuta, la posa adatta. Generalmente parto quindi da un fatto che mi colpisce, lo analizzo, poi viene la freddura e quindi cerco la foto».

Cosa la diverte del mondo della politica tanto da volerci fare satira? Oppure la satira scaturisce dal fastidio per la politica odierna?

«Mi diverte pensare che i dialoghi che metto in bocca ai personaggi possano essere quelli che si scambiano realmente. Delle specie di fuorionda che sono sfuggiti all’ufficialità. Mi piace il fatto di fare emergere le contraddizioni di personaggi potenti così come faceva un tempo il popolo romano lasciando messaggi sulla statua di Pasquino. La statua di Pasquino era una sorta di social media dei tempi andati con cui sbeffeggiare il potere: dei papi, dei cardinali, dell’aristocrazia».

Tra le sue fonti di ispirazione vi sono state anche le vignette umoristiche tradizionali, modello Forattini?

«Sicuramente vi sono dei legami dato che si tratta comunque di satira della politica anche se non sono mai stato, per gusto personale, un amante del genere vignettistico classico. Sinceramente non ho mai pensato neppure che la mia satira debba far riflettere, non è il mio obiettivo. Io voglio far sorridere, senza necessariamente alimentare una riflessione. I personaggi politici sono l’occasione per fare battute, come le potrei fare per altre situazioni. È il mio modo - fatto di prese in giro e “perculate” - di rapportarmi abitualmente con le persone e la vita».

C’è qualche donna o uomo della politica che la diverte particolarmente in questo periodo?

«Mi manca un personaggio come Luigi Di Maio, una grande perdita per me. Salvini è sempre una certezza, Poi Mattarella: proprio perché tanto autorevole si presta bene alla satira. La stessa cosa vale per il Papa oppure per il presidente Biden. La narrazione su Biden è che non ci sta proprio con la testa e questo già di per sé fa ridere. Tornando a Forattini, la sua grande fortuna era di fare satira potendo proprio contare su personaggi di grande spessore e autorevolezza e in un periodo in cui la concorrenza dei social non esisteva. All’epoca aspettavi il giornale per vedere la vignetta e la battuta e il tutto aveva sicuramente un effetto più dirompente».

Ma qualcuno si arrabbia per le sue vignette?

«Sinceramente no. Anzi i politici, di tutti gli schieramenti, mi hanno fatto sempre molti complimenti… Devo cominciare a preoccuparmi?».

La copertina
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