La Maddalena, la storia delle Suore Vincenziane: 120 anni di presenza con la “Casa San Vincenzo”
La struttura, che negli anni ha accolto 13 superiore ed oltre un centinaio di religiose, è stata una macchina educativa e culturale importante per tutto l’arcipelagoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Fu nel 1903, ovvero 120 anni fa, che la beata suor Giuseppina Nicòli, allora quarantenne e superiora dell’orfanotrofio di Sassari, giunse a La Maddalena accompagnando la trentatreenne suor Teresa Fior per inaugurare, insieme, la Casa San Vincenzo, della quale la Fior divenne superiora per alcuni anni.
La prima era lombarda, la seconda friulana. In quegli anni, tra fine ‘800 e primi ‘900, la popolazione complessiva di La Maddalena, in conseguenza degli imponenti lavori di fortificazione militare, che richiedevano manodopera specializzata e non, si era quadruplicata, raggiungendo quasi 8mila abitanti; e grandi problemi particolarmente di carattere sociale (oltre che politici, urbanistici e di servizi) si erano presentati.
Anche la Chiesa cattolica pose la propria attenzione sulle varie problematiche di un arcipelago in rapida crescita, tanto che, tra il 1901 e il 1926 i Vincenziani organizzarono ben 5 Missioni Popolari. Ad alcune di esse partecipò anche il lombardo padre Giovanni Battista Manzella (1855-1937), che prestava la propria opera a Sassari, il quale, nella relazione alla Missione del 1906 così duramente si espresse sull’Isola: «È una popolazione eterogenea, costituita da persone provenienti da vari paesi dell’isola e del continente. Gli opifici governativi sforzano gli operai ad un illegale e crudele lavoro festivo senza distinzione dai feriali. I numerosissimi militari mantengono la solita parte di malcostume».
Dal punto di vista religioso, scriveva padre Manzella, «massoneria, valdismo, increduli e non praticanti, formano i diciannove ventesimi della popolazione. Il ministro protestante predica tre volte la settimana coadiuvato da un vice». Un quadro dunque questo che richiedeva, da parte dei vincenziani, una energica azione di evangelizzazione attraverso una presenza stabile e significativa, della quale si fece promotore proprio padre Manzella con l’appoggio dell’amministratore apostolico di Tempio e Ampurias e arcivescovo di Sassari, mons. Emilio Parodi, vincenziano anche lui, il quale raccolse una consistente somma di denaro per l’acquisto di uno stabile, in posizione centrale, con terreno (quest’ultimo pare donato) dove dar vita alla Casa San Vincenzo (poi divenuta Istituto San Vincenzo).
In poco tempo fu realizzato ed avviato un laboratorio per le ragazze e vennero costruiti due piccoli locali, uno da adibirsi ad asilo e l’altro a scuola. Intensa fu, da subito, l’attività caritativa e assistenziale nei confronti di una popolazione composta particolarmente da immigrati. Successivamente vennero aperti l’orfanotrofio per bambine e la casa di riposo per anziani mentre alcune suore furono adibite all’insegnamento del cucito e del ricamo. Anche le lingue, la pittura e musica furono oggetto di insegnamento. L’attività della Casa San Vincenzo fu inizialmente ostacolata dalle amministrazioni comunali dell’epoca, piuttosto anticlericali e non disposte a concedere alle religiose un ruolo importante in campo educativo. La svolta tuttavia si ebbe con l’arrivo di una nuova superiora; nel 1909 fu destinata a La Maddalena la trentenne torinese, suor Maria Elisa Gotteland, di agiata famiglia, la quale, in pochi anni, sia per le indubbie capacità d’intraprendenza sia per le conoscenze familiari, trasformò l’Istituto San Vincenzo non solo in un grande centro di assistenza e di carità ma che in una poderosa macchina educativa e culturale organizzata per convertire l’arcipelago al cattolicesimo. Potenziate le classi elementari, le suore impartivano anche lezioni per i frequentanti le Scuole Medie pubbliche e le Superiori, particolarmente ai figli dei militari, proiettati verso le accademie del Continente.
Nel 1919 fu aperto l’Educantato; bambine e ragazze giungevano a La Maddalena dai paesi vicini (Santa Teresa, Luogosanto, Arzachena, eccetera) per frequentare le scuole allora esistenti nell’arcipelago. A visitare l’Istituto giunsero in quegli anni personalità di rilievo, a cominciare dalla Regina Margherita nel 1922 e il principe Umberto di Savoia nei primi anni ‘30. Suor Gotteland morì nel 1940 e a La Maddalena volle essere sepolta.
La sua eredità fu raccolta da suor Maria Superina, istriana, che diresse l’istituzione vincenziana con mano autorevole, sviluppandone ulteriormente le attività e cercando di rispondere alle necessità ed alle esigenze che nuovi tempi presentavano. Ad oggi, in 120 anni di presenza, all’Istituto San Vincenzo si sono alternate 13 superiore ed oltre un centinaio di religiose. Nonostante la contrazione delle vocazioni iniziata negli anni ’70 ed una progressiva, conseguente, riduzione delle attività e ridimensionamenti vari, le vincenziane, sebbene con poche religiose, continuano la loro operare a La Maddalena, nella grande struttura di proprietà della loro congregazione, occupandosi ancora di educazione, insegnamento e carità.