LEGGI L'INTRODUZIONE

L'IMPERATORE DEL NORD, di Robert Aldrich - 1973 - con Ernest Borgnine, Lee Marvin, Keith Carradine - L'ambientazione temporale dei fatti è il periodo più duro e tormentato della Grande Depressione americana: scontato presagire si tratti di un film duro, spietato, irriverente nella morale interscambiabile che esprime. A dirigerlo non poteva che esserci Aldrich, che ci ha sempre abituati a film tormentati e per palati forti, esprimenti però una delle regole preminenti della settima arte: raccontare la violenza esistente dirigendola con un verismo tale, da suscitare l'applauso dei cultori. Anche perché di violenza e soprusi è pieno il mondo, e raccontarli visivamente esprime anche la possibilità della redenzione ed il non doversi ripetere (scopo "educativo" dell'Arte). Qui si scontrano due forze della natura (Borgnine e Marvin), impagabili nella loro bravura interpretativa, ognuno dei quali rivendica diritti opposti (proprietario di uno scassato treno trasporti l'uno, spietato nel reprimere con accetta e sangue intrusi nei vagoni; un morto di fame l'altro, che si ritiene autorizzato a non pagare). Davvero uno spettacolo sintetizzare, ed Aldrich lo fa in modo magistrale, le due filosofie. Ma c'è il terzo incomodo, peggiore di tutti: lo sfaccendato giovane (Carradine) che si nasconde sempre alla visuale, viaggia anch'egli a sbafo non perché non possa pagare, ma per divertirsi e beffeggiare il mondo. Il finale conferma la violenza, ma Aldrich, doveroso sottolinearlo, quasi comprende le ragioni dei primi due pur non condividendole, e letteralmente condanna il terzo, vera impurità di questo mondo allo sfascio di ideali. Stupenda lezione! VOTO: 10

Fotogramma di "Operazione Apfelkern"
Fotogramma di "Operazione Apfelkern"
Fotogramma di "Operazione Apfelkern"

OPERAZIONE APFELKERN, di René Clement - 1945/1946 - con (attori sconosciuti e veri ferrovieri) - Clement è stato un benemerito della cinematografia francese: dedicò non poche pellicole (la più famosa è "Parigi brucia?") all'eroica Resistenza (paragonabile alla nostra in Italia dopo l'8 settembre) delle genti che si opponevano al governo collaborazionista di Vichy, alleato dei nazisti, del generale Pétain.

Questo lo dice la Storia, e la pellicola in questione è quasi incredibile nel suo reale svolgimento. A Clement fu affidato un documentario che testimoniasse la vita grama giornaliera, irta di pericoli, di coloro che non volevano saperne di avere Hitler come alleato. A tal fine arruolò i partigiani immersi nelle loro riunioni clandestine, compresi i vari sabotaggi dei ferrovieri intenti ad intralciare e impedire il regolare traffico dei treni. Successe però, quasi incredibile, che in seguito, quello che avrebbe dovuto essere un documentario, si trasformò in fatti ed avvenimenti "reali", presi dal vivo, perché i ferrovieri con incredibile audacia aderirono alla sommossa contro Pétain. Quindi il tutto rappresenta una realtà oggettiva e non virtuale. La pellicola, davvero audace nello svolgimento, offre la visione di treni sabotati, sparatorie, carrozze che fuoriescono dai binari, gente che si oppone ai nazisti in divisa, assolutamente veritieri. Il tutto, in prossimità dello sbarco alleato in Normandia.

Pochi film hanno osato tanto, e con crudele verità, anche in onore dei caduti per la libertà. VOTO: 10 e lode

Lucyna Winnicka e Leon Niemczyk in "Il treno della notte"
Lucyna Winnicka e Leon Niemczyk in "Il treno della notte"
Lucyna Winnicka e Leon Niemczyk in "Il treno della notte"

IL TRENO DELLA NOTTE, di Jerzy Kawalerowicz - 1959 - con Leon Niemczyk, Lucyna Winnicka, Teresa Szmigelowna, Zbignew Cybulski - Kawalerowicz è stato un regista polacco da non sottovalutare: non famoso come Polanski, Kieslowski e Wajda, ma capace in alcune pellicole di offrire segni tangibili di altissima professionalità. Per il sottoscritto, questo è il suo migliore, davvero notevole anche per il pessimismo senza alcuna remora che esprime. Il regista trasmette allo spettatore il proprio stato d'animo in misura straordinaria. Il treno che porta da una imprecisata stazione della Polonia fino a raggiungere il mattino successivo il Mar Baltico, reca al suo interno una moltitudine di personaggi di ogni tipo e ceto sociale, testimonianza perfetta di una società che sta tentando di fuoriuscire dai soliti temi di natura settaria e politica, e si avvia ad una sperata Europeizzazione. C'è di tutto: l'immutabile Stato cattolico bigotto con tanto di prelato che porta i fedeli in un santuario, la signora che platealmente, pur col marito presente, cerca avventure per soddisfare le proprie voglie, e molti altri avvolti da un esasperante anonimato, comprese il gruppo di ragazze amanti della musica rock; non manca l'addetta alle cabine letto, avvolta da una evidente crisi di identità. Ma i principali protagonisti sono il chirurgo appena reduce, non per sua colpa, da una operazione risoltasi tragicamente per la paziente, e lei, la straordinaria Winnicka (nella vita moglie del regista) rappresentante la donna in cerca forse di un qualcosa di inesistente. Ma all'interno del convoglio circola un assassino, e la polizia, fermato il treno, ritiene sia il chirurgo. Impressiona in questi vagoni claustrofobici, con le persone a strettissimo contatto di gomito, l'abilità di Kawalerowicz a districarsi con la macchina da presa in maniera stupefacente. Arrivati nel Baltico, inevitabile che ognuno vada per la sua strada, degna conclusione col "niente" a farla da padrone. VOTO: 9

Buster Keaton in "The General"
Buster Keaton in "The General"
Buster Keaton in "The General"

THE GENERAL (COME VINSI LA GUERRA), di Buster Keaton e Clyde Bruckman - 1926 - con Buster Keaton, Marion Mack - Quando nel 1952 Charlie Chaplin scrisse, diresse ed interpretò "Limelight" ("Luci della ribalta"), che giustamente definì il suo definitivo film testamento, fece le cose in grande: mise nel cast, fra altri, cinque componenti la sua famiglia, fra moglie e figli, e "lui", Buster Keaton, il suo amico campione della comicità mondiale. Il tutto, per smentire le voci che fra i due artisti fosse sempre esistita una segreta rivalità. Chi è stato Keaton? Potremmo rispondere, a ragione, fosse una inimitabile "maschera", colui che parlava, si agitava, forse si commuoveva, forse piangeva, senza proferire parole: bastava un furtivo sguardo, spesso impercettibile.

Keaton ha fatto propria, in tutta la sua carriera, un vocabolo difficile: "imperturbabilità". Per percepire qualche suo pensiero al massimo si può osservare i suoi occhi, quasi sempre sgranati che fissano l'obiettivo della macchina da presa. Keaton praticamente non si accorge di quanto accade intorno a lui, fosse anche un grande pericolo: ignora il mondo esterno. Questo film, direi insieme ad "Accidenti, che ospitalità!", lo giudico il suo migliore in assoluto. Qui lo vediamo imperterrito recarsi al centro di raccolta volontari per partecipare alla guerra, spinto dall'arrabbiatissima fidanzata e dai suoi famigliari che pensavano fosse titubante. Viene scartato, ma reagisce requisendo la motrice di un treno e compiendo, pur inconsapevolmente, azioni da mille e una notte, ed alla fine, quasi indifferente, diventare il principale protagonista della vittoria. La simbiosi fra lui ed il treno è perfetta e coinvolgente; viene addirittura bersagliato da bombe che gli cadono a pochi centimetri: niente da fare, nulla lo scalfisce. Tranne naturalmente la pace e l'amore finale con la sua bella. VOTO: 10 e lode

I due protagonisti di "Lo scambista"
I due protagonisti di "Lo scambista"
I due protagonisti di "Lo scambista"

LO SCAMBISTA, di Jos Stelling - 1986 - con Jim van der Woude, Stephane Excoffier - Qualcuno ha ritenuto questa bellissima pellicola una sfida all'impossibilità estrema; una vicenda, in riferimento al regista, elaborata e destinata agli estremi limiti della pazienza dello spettatore. Insomma, detto chiaro e tondo: la sparo grossa per vedere l'effetto che fa. Sono decisamente in disaccordo. La vicenda si snoda attraverso la controversa relazione fra un addetto agli scambi di una microscopica stazioncina ferroviaria ed una signora che suo malgrado, arrivando, deve forzatamente fermarsi in tale posto di frontiera fino alla primavera. Colpisce in primo luogo l'abbigliamento di madama: un soprabito di un rosso così intenso da arrecare disturbo agli occhi, oltre al suo impenetrabile sguardo esplorativo. Lo scambista è inespressivo, parlare e comunicare per lui è un compito fuori dalla sua portata: un carattere chiuso stante i problemi psichici di cui soffre.

Passano settimane e mesi, nulla cambia, a parte le visite periodiche alla stazione dell'impiegato postale e qualche altro, uno dei quali cerca di adescare la signora. Arriva la bella stagione: la signora deve partire perché la linea ritorna in esercizio ed il treno è in arrivo.

Sarà proprio lei, la signora, a capire finalmente il carattere intimo dell'uomo che in fondo l'ha sempre rispettata, il suo travaglio interiore, la psicologia interna che gli impedisce qualsiasi contatto. Inaspettatamente, lei gli si concede. Il regista Stelling è stato superlativo nel far decifrare allo spettatore il lungo travaglio intercorso fra i due protagonisti, e la naturale tragica conclusione finale. VOTO: 8

A cura di Mario Sconamila

Parte II
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