«Il teatro non si vende», diceva Masi Carrara, «non si lascia marcire in un magazzino. Non possiamo buttarlo via, questo mai. Meglio bruciarlo». Erano gli anni Sessanta, l’Italia stava cambiando, nelle case arrivavano le televisioni e l’epopea dei teatri viaggianti, iniziata ai primi del Novecento, andava verso la fine. I Carrara, dinastia teatrale che discende direttamente dalle antiche compagnie itineranti del Cinquecento, ne furono liberi e inventivi interpreti, sempre pronti a mettersi in gioco in un nuovo sperduto margine del Paese. La loro storia gloriosa ma poco nota ha dato forma a un documentario molto ben curato, “Il teatro vive solo se brucia” (Italia 2022, 60 minuti), diretto da Marco Zuin, con la produzione di Ginko Film e la voce narrante di Andrea Pennacchi.

Il documentario viene proiettato in Sardegna nel corso di tre serate speciali, il 13 marzo alle 21 al Cinema Spazio Odissea a Cagliari: interverranno anche Mauro Mou di Cada Die Teatro e Gianluca e Noemi Medas della Compagnia Figli d’arte Medas, erede della più antica tradizione familiare di teatranti nell’isola, attivi fin dai primi del Novecento e pionieri del teatro in lingua sarda. Il 14 Marzo alle 21.30 tappa a Sassari, al Cinema Moderno, con una proiezione in collaborazione con l’associazione 4CaniperStrada nell’ambito della 5° edizione del Festival Asincronie, con la partecipazione di Stefania Muresu (ideatrice artistica). Infine, appuntamento il 15 Marzo alle ore 20, al Sirio Teatro Sardegna di Monserrato (CA) nell’ambito della dodicesima edizione di Buon Compleanno Faber.

Il film è stato realizzato anche grazie al sostegno della Sardegna Film Commission (Location Scouting) che ha dato l’opportunità di individuare alcune location sarde dove sono avvenute le riprese: l’antica Tonnara di Portoscuso e la Casa campidanese di Maria Luisa Matta a Nuraminis. A questi set hanno partecipato alcuni professionisti sardi: il direttore della fotografia Francesco Piras, Federica Ortu come focus puller e Roberto Cois come fonico di presa diretta. Oltre al produttore della Ginko Film Andrea Mura: «Sono felice di aver coinvolto la Sardegna nelle riprese, e poi, venendo io stesso dal teatro, in anni giovanili, ci tenevo a raccontare questa storia».

Attraverso i ricordi dei fratelli Titino, Annalisa, Armando Carrara e della madre Argia Laurini, il film vuole ricostruire non solo l’ultima stagione di un teatro popolare che non c’è più. «Nel XX secolo i Carrara hanno portato il teatro in ogni angolo d’Italia», racconta il regista, «si trattava anche di costruire di volta in volta palchi di otto metri per 500 posti in platea, inventandosi ogni sera qualcosa di nuovo per catturare l’attenzione del pubblico, che poteva anche percorrere chilometri a piedi pur di seguire gli spettacoli».

Tra interviste, monologhi e materiale d’archivio sapientemente montato, si arriva ai giorni nostri, dopo che i Carrara, da autentici animali da palcoscenico, si sono anche reinventati interpreti della grande tradizione della Commedia dell’Arte con tournée in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da Tokyo a Parigi, da Buenos Aires a Montreal.

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