Il cantico dell’umiltà di Francesco d’Assisi
Giulio Busi rilegge la figura del santo più popolarePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Siamo in epoca di cancel culture e proviamo gusto a rimuovere tutto quello che della Storia e nella Storia non ci piace. Fortunatamente qualche vicenda e qualche personalità del passato – ma ancora per quanto?! – resiste alla frenesia del fare tabula rasa delle nostre radici e delle nostre tradizioni. È il caso di Francesco d’Assisi, la cui figura continua essere ancora popolarissima, tanto da farne un modello amato universalmente. Simbolo di mitezza, umiltà e pace, Francesco si ritrova così a essere non solo grande protagonista della storia della cristianità, ma fonte di ispirazione anche per noi contemporanei. Il suo esempio viene, infatti, considerato attuale e "nuovo" anche dopo quasi ottocento anni dalla morte di Francesco, avvenuta nell’ottobre del 1226. Non possiamo allora non chiederci quale sia il segreto di tanta forza. I primi biografi del santo parlano a lungo della novità rappresentata da Francesco, della capacità delle sue parole ma, soprattutto, del suo esempio di stupire, coinvolgere, entusiasmare. Parlano anche del suo essere un uomo normale pur nella "enormità" delle scelte ispirate al modello evangelico: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi", dice Gesù nel Vangelo di Matteo e così fece il futuro santo.
Oggi, invece, tendiamo a sottolineare e anche a enfatizzare i veri o presunti aspetti di modernità di Francesco. Consideriamo rivoluzionario il suo amore per la natura tanto da farne un ecologista ante litteram. Ricordiamo con piacere il suo legame stretto con Chiara in un’epoca, il Medioevo, in cui i religiosi erano più propensi a temere che ad apprezzare le donne. Ci piace rileggere alla luce della multiculturalità e dell’inclusività la vicenda di Francesco, che nel 1219, in piena crociata, si reca in Egitto e nella Terrasanta per parlare ai cristiani e ai musulmani di un modo diverso di vivere assieme. Viene ricevuto dal sultano d'Egitto e con lui parla di pace.
Sono tutte riletture affascinanti e piacevoli della figura del santo assisiate. Sono anche, diciamolo, letture di comodo, che ci consentono di cogliere del personaggio quello che sentiamo più vicino alla nostra contemporaneità. È il Francesco che si aggrada che amiamo rievocare.
Nel ripercorrere la vita di Francesco Giulio Busi nel suo Il cantico dell’umiltà (Mondadori, 2025, Euro 20,00, pp. 156. Anche Ebook) intraprende un cammino diverso da quelli che vanno per la maggiore. Busi si mette in viaggio sulle tracce del santo, anzi perlustra al suo fianco il breve, ma intenso tratto di strada percorso da Francesco dal momento in cui decide di abbandonare la sua vita mondana (siamo attorno al 1204-05) fino alla morte. Lo fa passando passa al vaglio le cronache dell’epoca, s’immerge nel mare sconfinato dell’agiografia e delle fonti, e poi dipinge un Francesco inedito, vigoroso, a tratti mite, più spesso provocatorio e intransigente. Quando è costretto, infatti, Francesco sa obbedire e accettare l’autorità. Ma è una scelta che gli costa, e da cui, ogni volta, riparte per inseguire la verità. Una verità scomoda, che rende la ricerca inquieta e a tratti dolorosa anche perché Francesco non rifugge lo spirito del suo tempo. Non sceglie la vita di preghiera in un chiostro e neppure l’isolamento dell’eremita. Vive come uomo tra altri uomini, cercando costantemente una propria via, sapendo così di rompere schermi e di sconvolgere sistemi di pensiero. Francesco “abita” un’epoca di grande espansione economica e in cui il valore di un essere umano si valuta anche in base alla sua ricchezza. I poveri sono spesso disprezzati ed emarginati. Francesco invece li ama e considera un dovere di ogni essere umano aiutare chi era in difficoltà. La stessa attenzione ha per chi era malato oppure infermo andando contro il pensiero dominante della sua epoca, un pensiero che considera la malattia una punizione divina per i peccati commessi. Nei primi tempi, i benpensanti lo dileggiano, lo considerano un folle. Intanto, però, il suo carisma attrae sempre più seguaci. Giovani di tutta l’Europa cristiana lasciano tutto, ricchezze, casa e famiglia e diventano francescani, anzi, "frati minori", fratelli che condividono la condizione di vita degli ultimi nella società e nella Chiesa. È un vero terremoto che scuote la cristianità dalle fondamenta, ma le restituisce vigore. Cristo diviene un modello finalmente raggiungibile e viene aperto così all'uomo un orizzonte di possibilità infinite.
Nel giro di pochi anni, il successo del movimento è travolgente. E i dubbi del fondatore diventano sempre più angosciosi. La Chiesa ha bisogno di un Ordine francescano forte, efficiente, solido. Ma lui, Francesco, riuscirà a difendere povertà e umiltà, a mantenere la semplicità delle origini? È il grande dilemma che attanaglia il santo nel momento in cui le forze gli vengono meno e sente di aver perso la speranza e la fiducia. Oppure è la fede che traballa, che perde luminosità come una candela quando improvvisamente si apre una porta ed entra il vento? Al termine della sua esistenza, così breve e intensa, Francesco è malato, e deluso. Sembra sconfitto, ma nel momento più buio detta il Cantico di Frate Sole, il Cantico delle creature, splendido, gioioso inizio della letteratura italiana. Ringraziamento a Dio è l’esordio, inno dell’umiltà che tutto deve guidare e a cui tutto si deve conformare è la conclusione. Con quel "Laudato sì, mi' Signore" ripetuto e insistito, Francesco omaggia il Creatore, ma anche a tutta la creazione, compresa la morte chiamata sorella, perché senza di lei non si potrebbe accedere alla vita eterna e senza di lei non ci sarebbe umana esistenza. Composto il Cantico, ritrovata la via che sembrava smarrita, ma era solamente nascosta della nebbia del dubbio e dell’orgoglio, ora Francesco ha ritrovato le fila della propria vita. Ha scoperto dentro di sé quello che in fondo sapeva da sempre: la sorgente è una sola, un unico fine ha il creato. E ora il suo Cantico è libero di percorrere il vasto mondo. Che con lui se ne vada il dolore, assieme a lui si diffonda la lode tra tutti coloro che avranno il desiderio e soprattutto l’umiltà di ascoltarla. Francesco può allora affrontare il suo tempo finale con serenità, senza paura. Sa che il suo sovrano, che tutto possiede, lo difende e lo protegge. Lo ha atteso per tutto il tempo della sua vita mortale: eterno, maestoso, paziente, pronto all’incontro.