Il ventre misterioso dell'Isola è un cuore di pietra e acqua. Il complesso carsico del Supramonte Orientale si sviluppa per settanta chilometri. È il più grande d'Italia. Comprende le grotte di Su Palu, Monte Longos, Su Molente e Bue Marino e si estende sui territori di Urzulei, Baunei, Oliena e Dorgali. Questo mondo di sotto è un dedalo di cavità percorse da un fiume sotterraneo.

Un gelido filo d'Arianna percorre le viscere della terra, da Su Palu fino alla risorgiva del Bue Marino, e da S'Edera, (il grande Collettore), fino a Su Gologone. Nei millenni l'acqua ha scolpito meraviglie, cattedrali di silenzio. Lontano, nel buio, non c'è ricordo di spiagge e incantevoli cale, di boschi e pascoli, nuraghi e ginepri. È il lato oscuro dell'Isola da cartolina, ma non per questo meno affascinante. Tra i primi a mettere il naso nella pancia cava del Supramonte i bolognesi del gruppo Gsb, (Gruppo speleo Bologna). Una vecchia foto ritrae un gruppo di speleologi all'esterno di un pinnetu, il capanno tradizionale dei pastori, il giorno in cui i custodi del mondo di sopra incontrarono questi strani astronauti del buio, poco interessati alla grande bellezza del mondo esterno.

Nel tempo un grosso contributo all'esplorazione è arrivato dal gruppo Gasau (Gruppo archeologico speleologico ambientale) di Urzulei e poi da Aspross, l'associazione progetto Supramonte e in particolare da Vittorio Crobu. Speleologo e fotografo, Crobu ha partecipato a tutte le esplorazioni degli ultimi venti anni. Nelle sue foto un mondo incantato, marziano. «Stiamo esplorando tre dei collettori ma ipotizziamo ce ne siamo altri tre. È un complesso immenso. In questa ricerca trentennale abbiamo fatto tanto e avanziamo ancora esplorando le grotte più profonde dell'isola, simili a quelle alpine. Il fascino di queste ricerche è che non hanno mai fine. La grotta finisce quando finiscono le nostre energie».

Oggi i nomi delle cavità che punteggiano le terre benedette tra Nuorese e Ogliastra sono diventati celebri. La mitica grotta del Bue Marino e quella Ispinigoli a Dorgali, Su Bentu a Oliena, le voragini di Su Sercone e Su Disterru a Orgosolo. Turisti Oggi a Urzulei arrivano speleologi da ogni parte del mondo per scivolare nell'ombra e provare a svelarne i misteri. Il gruppo Gasau accoglie le richieste per l'ingresso a Su Palu, una delle mete preferite. Tre o quattro gruppi al mese, quasi numeri da tutto esaurito per uno sport così di nicchia. Le regole sono ferree: quindici persone per volta, nessun bivacco all'interno.

«Non basteranno diverse generazioni per esplorare il sistema carsico del Supramonte - spiega Salvatore Cabras, 53 anni, presidente Gasau - ha delle caratteristiche particolari che lo rendono ostile, ha grotte fredde e difficili da esplorare. Occorre molta attenzione a muoversi, in relazione alle precipitazioni». A Istèttai si scende fino a una profondità di cinquecento metri. Un viaggio al centro della terra, verso l'abisso. Il sistema carsico è caratterizzato da ambienti con grandi passaggi verticali, fiumi sotteranne, frane. «Queste grotte devi frequentarle, te le devi fare amiche - conclude Cabras - devi essere preparato fisicamente. Alla fatica, al freddo, alla fame». All'interno di questi ambienti una fauna variegata e una quantità sconosciuta di microorganismi. Uno dei più celebri residenti abituali è il geotritone, speleomantes supramontis, una curiosa lucertola con il cranio bitorzoluto. Il mondo di sotto è un ecosistema prezioso, di vita e silenzi, di luoghi conosciuti e universi ancora da esplorare.

È l'ultima frontiera, un viaggio nell'ignoto. In primavera, a fine aprile, Urzulei per quattro giorni è diventata la capitale della speleologia. 1300 iscritti, provenienti da Europa, Stati Uniti, Messico, Venezuela e Cina. Con gli esperti centinaia di bambini che hanno partecipato agli eventi loro dedicati. Piccole escursioni per avvicinare anche i più piccoli al mondo delle grotte. Un successo senza precedenti per Comune, associazione Icnussa e Gasau. Ida Cabras, 46 anni, di Urzulei, è la presidente dell'associazione Ichnussa: «Lo sviluppo del turismo a Urzulei sará sicuramente legato all'ambiente e alla speleologia. Un turismo attento all'ambiente, preparato per affrontare il buio delle grotte. Andare in grotta è come scalare una montagna al contrario.

Non tutti possono arrivare in cima e cosi non tutti possono arrivare in fondo». Star indiscussa della kermesse di primavera è stato lo speleosub inglese Rick Stanton, famoso in tutto il mondo per aver contribuito insieme al connazionale John Volanthen e salvare un gruppo di ragazzi thailandesi rimasti intrappolati all'interno di una grotta allagatasi all'improvviso.

Scoprire il buio Il Gasau e il Ceas di Urzulei organizzano escursioni guidate e hanno dato alle stampe tre libri fotografici sulla bellezza delle grotte del Supramonte. «La sfida da affrontare - conclude Cabras - è poter andare in grotta tutti, senza fretta cogliendo in esse tutte la bellezza e il fascino che nascondono. Imparare a viverle con grande rispetto». Scriveva nel suo blog lo speleologo e geologo Francesco Sauro, uno dei protagonisti dell'esplorazione della grotta di Istèttai e del Collettore: «Maledetti goffi corpi che ci portiamo appresso, quanto bello sarebbe poter fluire come gocce d'acqua nella corrente?».

È forse questo lo spirito dell'uomo senza pace, che nelle viscere della terra trova il silenzio del suo limite. E forse l'abisso di cui parlava il poeta Charles Baudelaire: «Sopra sotto, dovunque, la profondità, la riva, il silenzio, lo spazio spaventoso e seducente».
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