Non mi sono mai sentito, e penso che questo sia il sentimento comune non solo di noi medici, un tecnico. Il termine “tecnico” deriva dal vocabolo greco “technè” ovvero arte, conoscenza pratica delle cose e capacità di intervenire nella trasformazione del mondo fisico per la conoscenza che si ha di esso. La medicina e di conseguenza i medici non hanno solo la conoscenza delle malattie e la loro eventuale cura. Studiano lo stato di salute della popolazione, la diffusione delle malattie, propongono modelli di organizzazione sanitaria, fanno capire ai cittadini ed alla politica che è necessario investire in salute, perché prevenire è meglio che curare. Indicano concretamente come usare al meglio le risorse finite che lo stato investe nella sanità per dare comunque a tutti cure appropriate. Noi medici non ci sentiamo dei tecnici perché abbiamo una visione complessiva dei bisogni dei cittadini e della società e con proposte e progetti, cerchiamo di realizzarli. Ma sono tante e complesse le figure e le culture che altri definiscono tecniche, ma che hanno una visione ed un impegno che guarda a tutta la società e non serve elencarle.

Però, mettiamo a confronto un medico che esercita la sua professione ed un altro medico che viene eletto a ricoprire una carica pubblica che sia il parlamento o un consiglio regionale. Con l’elezione, quest’ultimo diventa automaticamente un politico e come tale è nella funzione di fare leggi o provvedimenti che riguardano la vita di tutti noi. Ma anche il primo medico si occupa della cosa pubblica, la salute in molti dei suoi aspetti. Trovo perciò ambigua la discussione che si è fatta questi giorni se il nuovo governo dovesse essere composto da soli politici, per come sono intesi, o anche da tecnici. Qualsiasi governo dovrebbe essere composto solo da persone competenti che i partiti, se ancora esistono, dovrebbero proporre ad ogni tornata elettorale agli elettori per riuscire, con essi, a realizzare il loro programma elettorale.

Capisco anche che le nostre società sono complesse. Per cui è necessario mediare fra le parti politiche per riuscire a coprire tutti i bisogni della variegata società. Ci sono però dei punti di partenza, alla nascita, che dovrebbero essere irrinunciabili al di là della società che si vorrebbe costruire. Garantire a tutti l’accesso alla scuola ed alla istruzione assicurando livelli di formazione certi. Consentire a tutti, in tutte le età, l’accesso gratuito al servizio sanitario ed alle cure, investendo in prevenzione per tutto il corso della vita. Dare a tutti la possibilità di avere una difesa legale, quando ciò fosse necessario. Sono i minimi diritti di cittadinanza che tutte le parti politiche, la società nel suo intero dovrebbero condividere. E poi si possono aprire le porte delle opportunità in cui contano gli interessi, le aspirazioni, i progetti di vita. Ma d’ora in poi in questa vita reale l’arbitro dovrà essere il Merito. Esso è una delle molle che tengono viva la società. Ma in una società giusta, sana la solidarietà per chi è in difficoltà dovrà essere un altro pilastro fondamentale. Penso, però, che il momento che viviamo con le sue difficoltà abbia posto di fronte ai nostri occhi una cruda verità. Quella di questa classe politica, litigiosa, incapace di trovare punti di vista condivisi per progetti che durino negli anni. Non è colpa dei sistemi elettorali. Forse è perché la politica è diventata un mestiere. Per cui la campagna elettorale permanente non serve per delineare dove il nostro paese deve andare. Ma per cercare di essere rieletti.

Antonio Barracca - Cagliari
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