È uscita una nuova rivista. Numero unico, per il momento, con tutti i consigli per essere o diventare “Il casalingo perfetto”. Tante foto di uomini giovani, belli e sorridenti, ben pettinati e coi pantaloni con le pences tra piatti da lavare e panni da stirare. Un grembiule sulla camicia, e un bimbo in braccio mentre la moglie legge il giornale in poltrona. Una pagina intera è dedicata alla preparazione del caffè: da servirsi in tazzina di porcellana, previa macinazione dei chicchi.

L’Uomo Moderno porta i passeggini al parco e maneggia con amore la macchina da cucire con cui confeziona abitini e graziose tovagliette. La spesa? Uno dei momenti più belli. Il Casalingo giulivo si carica di sporte, già pensando con diletto a cosa preparerà per cena. Per merenda, ha sfornato una torta di panna guarnita di ciliegie. Da non trascurare la composizione di mazzi di fiori sulla mensola del camino affinché la consorte, al ritorno da una stancante giornata di lavoro, possa subito rallegrarsene.

Tempo previsto per tutte queste incombenze, 25 ore al giorno. Ma – povere noi - la mutazione è solo immaginata e la rivista con la grafica e le reclames Anni Cinquanta, altro non è che l’insolita brochure, e oggetto d’arte, della personale di Nikzone, alias Nicoletta Zonchello. Curata da Caterina Ghisu, la mostra inaugurata al Ghetto in un giorno fatidico, l’8 marzo, e visibile sino al 31, accoglie i visitatori con un salotto che schiera un divano in velluto verde, tavolini, mobile bar: arredi che sono una citazione filologica di “Just what is it makes today’s homes so different, so appealing ?”, opera del 1956 di Richard Hamilton.

Concreta mobilia d’antan, ma tutto il resto è frutto dell’intelligenza artificiale che, dice l’autrice, in qualche fase sembrava volere rifiutare questo inusitato cambiamento di ruoli. Nella sala del Ghetto, pannelli a due facce con le immagini di un popolo maschile intento a rimirarsi con la pochette nel taschino di giacche sartoriali che cadono a pennello. Vanità, il tuo nome è donna.

Ma in questo allestimento multimediale coprodotto da Agorà Sardegna e Coopculture, le uniche due signore presenti in effige, sfogliano rotocalchi e fumano sigarette. In pratica non fanno niente e non si sentono in colpa .E non degnano di uno sguardo le icone, incorniciate come quadri, degli strumenti indispensabili alla buona massaia: il piumino, il frullatore, i guanti di gomma, l’aspirapolvere. A ribadire i concetti, un video che rimanda in loop i cartelloni appesi al soffitto coi loro brillanti e rasserenanti colori. Nicoletta Zonchello ha fatto una poderosa ricerca su materiale d’epoca per documentarsi.

Ricorrere alla AI non le fa paura, anzi. Peraltro è laureata in Lettere e in Scienze della Produzione Multimediale, ha un master in Informatica e Comunicazione e un altro in Museology/Museum Studies .Ed essendo un’artista riesce a ricreare (con ironia) le ottimistiche bugie nonché l’estetica di un periodo che sembrava d’oro e non lo era.

Mette in atto, dunque, una ucronia, scrive Caterina Ghisu nel testo critico, “che stimola una riflessione sui confini sociali e culturali”.

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