Bastuppa, sormontato da un macchione, è il primo ad emergere.

Solo quando c'è il "massimo pieno" della diga anche l'arbusto, nato tra i grandi massi squadrati, è sommerso. Ma oggi il nuraghe e il circostante villaggio, con accanto una suggestiva tomba dei giganti, riemergono dai fondali dell'invaso artificiale di Monte Pranu, ormai praticamente ridotto a una pozza dalla siccità.

Sono le "sentinelle" dello stato di salute del lago e i "testimoni" del passato millenario di Tratalias e del Basso Sulcis.

Uno scrigno di tesori archeologici ancora tutto da scoprire e che le acque di Monte Pranu, di tanto in tanto, decidono di mostrare in tutto il loro suggestivo fascino.

Per gli agricoltori, alle prese con una siccità senza fine, il lento svuotarsi del lago, sorto grazie alla diga realizzata nel 1953 per garantire lo sviluppo agricolo e industriale del Sulcis, è più di una disdetta.

Per gli appassionati di storia e archeologia, invece, è come aprire una finestra su un mondo, quello del passato, ancora tutto da scoprire.

L'ARCHEOLOGO - "È un patrimonio immenso. Tratalias e il suo lago, che abbraccia anche Villaperuccio e Giba, è uno dei territorio con la più alta densità di siti nuragici della Sardegna", tiene subito a sottolineare l'archeologo Nicola Dessì.

Lui stesso, alcuni anni fa, insieme ai soci della "Gardia Sulcitana", da sempre in prima linea sul fronte dell'archeologia, aveva fatto un primo sommario "censimento" dell'area.

"Anche noi ci auguriamo che la diga si riempia presto perché altrimenti sono guai, ma il fatto che ora sia vuota può essere l'occasione - spiega l'archeologo originario di Perdaxius - per eseguire accertamenti e documentazione fotografica più accurati".

ATTRATTIVE TURISTICHE - "Sono un elemento di attrattiva e come tali potrebbero essere sfruttati. Tra i tanti poi, preservati sino ad oggi proprio dal lago, - ricorda il sindaco Marco Piras - bisogna ricordare anche i resti della ferrovia che, nell'800, collegava i boschi di Pantaleo (Santadi) a alla costa di Porto Botte".
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