Il “capoclasse” Enrico Letta, il “premier capovolto” Giuseppe Conte, la “ruspa e il mojito” di Matteo Salvini  e “la sorella dei Fratelli” Giorgia Meloni. Non mancano Flavio Briatore e la sua “vita smeralda col botto”, “l’apostrofo rosa della tv” Barbara D’Urso, le “99 vite del sardo di Sardegna” Paolo Savona, “l’italian Barbie da 30 milioni di click” Chiara Ferragni, e c’è persino il “predicatore lento del rock“ Adriano Celentano.

E’ la galleria di personaggi variegati, autori di immancabili colpi di scena, spesso di contraddizioni, dalle gesta mirabili “o miserabili, dipende dai punti di vista”, dice Pino Corrias, che racconta non solo chi sono loro, ma chi sono gli italiani.

Sono i quarantanove più uno ritratti scelti dall’autore, raccolti nel libro edito da PaperFirst “Le Banane della Repubblica”. Un titolo che richiama le Repubbliche del Centro America, paragone poco confortante considerato “il disordine economico, politico, sociale, talvolta psichiatrico da cui nascevano”. 

Corrias, 65enne, giornalista, scrittore e autore tv, ha radici a Cagliari, per parte di padre, e una madre ligure. In Sardegna trascorre piacevoli estati, ma il centro dei suoi interessi è Roma, dove vive.

Per il suo libro ha scelto un titolo e un numero particolari. “Il numero 49 è una licenza letteraria: volevo parafrasare ‘I quarantanove racconti’ di Hemingway”. Ma spunta un ritratto in più, il Divo Giulio Andreotti, che definisce “il passato dell’eterno presente”. Messi in fila così, uno dopo l’altro, appaiono quasi come degli antieroi: “Perché prediligo i personaggi negativi, ma significativi”.

Qual è il filo conduttore che unisce Chiara Ferragni a Matteo Renzi, per citare due dei suoi ritratti?

“Il potere innanzitutto. Ma non solo. Io penso che lo spettacolo che ci circonda è animato da personaggi della politica, dello sport, della cultura… tutti fanno parte del grande teatro e mi sembrano coordinati nel rappresentare quello che siamo, la complessità e l’eterogeneità della nostra società. A me interessava raccontare personaggi che hanno a che fare con la nostra vita quotidiana. In gran parte sono politici, ma non solo: sono una specie di mappa geografica dell’Italia contemporanea. Per questo c’è una strana equivalenza tra un’influencer come Chiara Ferragni o un ex presidente del Consiglio come Matteo Renzi. Contribuiscono al racconto che ci sovrasta e ci confonde. Raccontando la loro storia raccontiamo la nostra”.

Solo nove le donne rappresentate, come mai?

“Le donne purtroppo sono sottostimate nel gioco sociale. Non è una giustificazione, è una constatazione. Siamo ancora una società arcaica e maschilista e questa ne è una rappresentazione fedele”.

Ha un suo preferito? Un personaggio le cui gesta l’hanno “divertita” di più?

“Silvio Berlusconi, anche se più che divertito direi che mi ha allarmato. L’ex Cavaliere ha una storia straordinaria. E’ un fondatore, tanto per cominciare, uno di quegli uomini che cambiano il paesaggio che trovano. Ha costruito Milano 2, la televisione commerciale, ha fabbricato un partito partendo da un pubblico televisivo e trasformandolo in un elettorato. Ne riconosco la grandezza: ha modificato per sempre i sogni, i costumi degli italiani, la politica e la comunicazione politica. Secondo me in peggio, ma va preso atto che con lui c’è un prima e c’è un dopo. Sicuramente ci ha messo del suo, i noti guai politici, la deriva delle olgettine. Si è dato molto da fare e si è fatto raccontare”.

Il suo “più uno” è Giulio Andreotti. Lo definisce un “omaggio”, ma in realtà precede tutti questi ritratti non proprio edificanti.

“Tutte le figure che ho scelto sono viventi, tranne lui. Volevo raccontarlo perché è stato per quarant’anni l’uomo simbolo del potere in Italia. Tutti più o meno hanno a che fare con la celebrità, con le luci della ribalta e dello spettacolo e lui ne è stato uno dei simboli. Il suo non esserci c’è ancora, la sua storia ci appartiene. Andreotti è la Dc, è stato sette volte presidente del Consiglio e 32 volte ministro. Ha amministrato il potere e ha intrecciato i punti oscuri della nostra storia”.

L’unico sardo doc è Paolo Savona, con il suo sogno del tramonto dell’euro. E un sardo d’adozione, Flavio Briatore. Che cosa incarnano dal suo punto di vista?

"Due personaggi diversissimi. Savona vale come tanti sardi insieme, lo considero molto più vero rispetto ai molti cartonati della Repubblica, nonostante o forse grazie al suo carattere complesso e contraddittorio. Sovranista e antitedesco, come si è definito, credo non abbia capito neanche lui la famosa ‘breve’ incursione nel governo gialloverde, a giudicare dalla velocità con cui se ne è andato ed è tornato a un ruolo che gli si confà di più, ossia quello di presidente Consob. L’unica spiegazione che posso darmi è un cedimento narcistico”.

E Briatore?

“Flavio Briatore è quasi da romanzo, un altro personaggio italiano che ci tormenta. Personalmente trovo più credibile il Briatore di Crozza del Briatore autentico. Di Briatore ho raccontato la folle estate del Billionaire, quando si è scoperto che il locale è stato un cluster importante della diffusione del Covid: anche in quel caso è emersa una caratteristica che lo rende di certo poco amabile”.

Ossia?

“Le pressioni fatte per aprire la discoteca e la tracotanza con cui si pone ne fanno un personaggio prepotente, pieno di sé, un narcisista che non va al di là dei suoi dogmi, ossia il successo, i soldi, le donne. Un carattere fortemente italiano che non va dimenticato, proprio ora che l’estate è imminente. Quel ricordo dovrebbe istruirci a non rifare gli errori dell’anno scorso. Al di là della sicurezza che ci dà il vaccino, il principio di prudenza dovrebbe essere rispettato, anche in questa fase”.

Tornando alla politica, l’approdo di Mario Draghi a Palazzo Chigi ha messo in crisi il sistema. Secondo lei è imploso o si è perfezionato?

“Tutta l’idea del libro è nata proprio dalla nascita del governo Draghi: quando Mattarella ha annunciato alla Nazione che aveva convocato l’ex presidente della Bce per incaricarlo di formare un governo, ha certificato che nessuno dei venti e passa partiti e nessuno dei 915 parlamentari era in grado di farlo. E’ stato un commissariamento della politica. Oggi, anche vedendo gli omaggi che vengono tributati a Draghi dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, mi sembra che sia lì a garanzia dei soldi che ci stanno prestando. E questo per conto delle cancellerie europee, della grande finanza, delle potentissime multinazionali”.

Stiamo assistendo dunque a un tramonto dei partiti e della politica?

“Dei partiti forse sì, della politica ancora non lo so. D’altronde è stata la politica a inventarsi Draghi nel momento in cui il Conte 2 era letteralmente accerchiato”.

Nell’era post-Covid chi si rappresenta meglio come partito vincente?

“Ora che si è capito che il governo Draghi durerà fino a fine legislatura, ci stanno provando tutti. Mancano due anni alla fine del 2023 e sono già partite le grandi manovre: Salvini vuole inglobare Forza Italia, Giorgia Meloni resta ferma nel suo intento di fare da sola all’opposizione e, guardando i sondaggi, ci sta guadagnando. Dall’altro lato c’è l’eterno cantiere della sinistra, con Enrico Letta che in questo momento fa il ‘capoclasse' di una classe molto litigiosa. Quanto al Movimento Cinquestelle, penso che Giuseppe Conte sia il suo vaccino, la persona tramite la quale si può guarire dal virus della dissoluzione e delle divisioni. Se riusciranno a contrastare l’avanzata delle destre in un Paese tendenzialmente di centrodestra come è l’Italia, è tutto da vedere”.

Come vede il futuro? 

“Io penso che ci sarà un miracolo economico, avverto un’energia potente come quella del dopoguerra e credo in una forte spinta di rinascita ed economica. Tuttavia il miracolo del dopoguerra è stato fatto sulla pelle dei braccianti, soprattutto quelli del Sud e delle Isole che venivano al Nord e si trasformavano in operai. Questa volta credo che il miracolo sarà scaricato sulle spalle delle nuove generazioni, a cui noi stiamo lasciando un debito formidabile e un mercato del lavoro che non offre garanzie. Bisognerà vedere se i giovani riusciranno a navigare in questa nave tutta bucherellata e in un mare molto più dinamico ma anche molto più feroce”.

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