Nella falegnameria di via Tagliamento, nel cuore di Santa Avendrace, dove ogni angolo è coperto dall'impalpabile polvere del legno, la sua voce risuona ancora forte e autorevole.

Impartisce ordini, dispensa consigli. Il maestro Paolo Cardia non è mai morto. Almeno qui, per i figli Giorgio ed Enrico che hanno ereditato officina ed estro dal loro "irraggiungibile" padre.

Lui stesso figlio d'arte. Paolo Cardia se n'è andato l'8 giugno e a Cagliari si era fatto davvero un nome, imprimendo la sua indelebile firma in tante abitazioni di lusso, nei negozi più prestigiosi, nei palazzi del potere politico e amministrativo come Villa Devoto ma anche monumenti come la Passeggiata coperta del Bastione. La sua bravura aveva scavalcato le mura antiche della città per farsi arte diffusa. Senza i confini troppo stretti del capoluogo.

I RICORDI - "Papà era un artigiano completo. Non concepiva il lavoro del falegname spezzettato in tante piccole specializzazioni. Era ebanista e disegnatore, progettista e architetto. Sia chiaro, non pretendeva di invadere nessun campo, tanto è vero che proprio con i migliori professionisti ha lavorato fianco a fianco per decenni, ingegneri e architetti del calibro di Romano Antico, Giorgio Diaz, Paolo Falqui, Jolao Farci, Umberto Pintori", racconta Enrico Cardia che, insieme al fratello Giorgio, gestisce la bottega di via Tagliamento dove in passato lavoravano venticinque dipendenti.

"C'era tantissimo lavoro, non ti fermavi un attimo, non era certo come ora. In più c'era nostro padre, la sua indiscussa bravura che faceva arrivare le richieste. Papà insegnava il mestiere, pretendeva serietà e attenzione. Certo che qualcuno l'ha messo alla porta. Ripeteva spesso: 'Se sbagli non fa nulla, si corregge. Se insisti nell'errore e non ascolti, questo non è il tuo mestiere'. L'ha detto a qualche dipendente ed è arrivato il licenziamento. Capiva se avevi la dote".

I CONSIGLI - Severità, dunque, ma anche un'enorme disponibilità a dispensare sapienza e consigli. "A noi figli e anche al più giovane degli apprendisti. Ma dovevi dimostrare di voler imparare. Anche perché quando l'opera era finita non dovevano esserci sbavature, errori, difetti", spiega Enrico. "Come potevi, d'altra parte, se le commesse erano importanti e i lavori prestigiosi? Come prestigiosi erano gli altri professionisti con cui nostro padre operava e i luoghi che ospitavano il suo lavoro".

APPREZZATO - Lo cercava eccome, la Cagliari che conta , il maestro Paolo Cardia. E non solo la borghesia cittadina voleva, anzi, pretendeva i suoi lavori. "Mio nonno - racconta Enrico, era capo operaio da Marino Cao. Aveva tredici figli e doveva lavorare. Ma mio nonno era anche un rosso e per questo venne messo alla porta. Mio padre aveva iniziato a prendere confidenza con pialle, seghe e levigatrici, facendosi le ossa in diverse falegnamerie. Poi arrivarono i lavori importanti. Tazza d'Oro, Costa Marras, Casa Regina, i negozi di Illario a Cagliari e Alghero. Nel 1964 decise di unire le forze con mio nonno Efisio Emanuele e insieme rilevarono la falegnameria Pisano. Da quel momento la strada fu tutta in salita. Nel '68 venne chiamato per la presidenza della Regione, ricordo che fu un lavoro da centocinquanta milioni di lire. E ricordo anche le ville di Pietro Riccio a Oristano e le case dei senatori Lucio e Sergio Abis. Di lì a poco la sede del palazzo comunale sempre di Oristano. Ero solo un ragazzino, poco più che quindicenne, ma Salvatore Ferrara lo rammento come fosse oggi. Veniva in falegnameria, stava seduto ad aspettare mio padre, gli chiedeva di allestire il negozio Salfer di via Manno. E mio padre, che era davvero stracarico di commesse, rimandava. Credo che non gli andasse giù l'insistenza dell'uomo politico, ma alla fine si misero d'accordo e il lavoro si fece. Insieme agli arredi di Laccu, Tirino, la bottega di Vincenzo Autiero". Racconta, Enrico Cardia. Parla e si commuove mentre sfoglia le fotografie che ritraggono suo padre. "Guardi questa, questi tronchi immensi erano stati scaricati proprio qui fuori, in via Tagliamento. Andavo spesso con mio padre in Piemonte a scegliere la legna. Era pignolo, rigoroso. Guardava le venature, immaginava le opere finite e scartava le assi e i tronchi che non gli piacevano. Conoscenze che gli sono servite quando a New York, all'undicesimo piano di un palazzo della 551 Madison Avenue, realizzò gli espositori di Isola. Era il 1986. Andavamo a cena, mio padre e io, con Costantino Nivola".

CON NIVOLA - Lo scultore l'aveva conosciuto poco prima a Cagliari. Apprezzava quell'artigiano di Sant'Avendrace che aveva imparato anche a restaurare dipinti come "La Cavalcata Sarda" di Bernardino Palazzi di Villa Devoto.

Andrea Piras

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