Nel ricordare le radici del suo mestiere e del suo laboratorio sorride, Pierandrea Carta, orafo filigranista di terza generazione che oggi porta avanti – nel cuore di Cagliari  – l’attività di famiglia. «La coroncina di Sant’Efisio che tutta la Sardegna conosce porta la nostra “firma”. È un onore aver lasciato un segno così importante nella storia dell’Isola. Ma tutto nasce nel 1920, nel rione di Castello».

Lì, in via Università, ha visto la luce il primo laboratorio della famiglia Carta. «È stato mio nonno – racconta Pierandrea –  a iniziare tutto questo. Aveva delle capacità straordinarie, tanto che mio padre affascinato da quel mondo ha deciso di continuare. Nel 1963 Cagliari stava cambiando volto, così il laboratorio si è spostato in via Garibaldi, dove si trova oggi». Il lavoro negli anni non è cambiato, «siamo rimasti fedeli al protocollo originario, facciamo tutto a mano: dalla fusione alla lucidatura». La scelta di mantenere questi standard di qualità è stato rischioso, forse una scommessa. «E alla fine questa decisione, con il tempo, ci ha premiati». 

E Pierandrea lo sa bene: «Abbiamo raggiunto un grande risultato. Possiamo dire che le nostre creazioni “piacciano molto” a Sant’Efisio perché mio nonno, nel 1956, ha realizzato l’aureola che sfila ogni anno. Per tutti noi è stata una grande gioia, avere una commessa simile è certamente un qualcosa di prestigioso». Ma la “magia” non è finita qui. Infatti nel 2011 la creazione preziosa ha avuto bisogno di un piccolo restauro. E sono state proprio le mani di Pierandrea a ritoccare quello che suo padre aveva forgiato più di mezzo secolo prima. «Dopo tanti anni è tornata nel nostro laboratorio, è stata davvero un’emozione inspiegabile».

E alla domanda “perché scegliere questo mestiere?”, Pierandrea non ha alcun dubbio: «Ho iniziato da piccolo, seguendo le orme della famiglia. Mi sono anche iscritto all’Università ma poi ho capito che l’arte orafa era la mia strada». Un percorso certamente non facile quello alla scoperta di un lavoro che si impara sul campo, con tanta dedizione, tempo e pazienza. E lo si percepisce osservando i movimenti precisi e minuziosi delle sue mani all’opera, intente a preparare i sottili fili di metallo prezioso e le piccole sfere che rendono quelli in filigrana dei gioielli caratteristici e mai “fuori moda”. 

«Le nuove generazioni stanno riscoprendo questo genere di preziosi. Siamo fiduciosi. Abbiamo anche la fortuna di assistere a una “nuova primavera” delle tradizioni sarde, con la riscoperta da parte dei gruppi folk di abiti e gioielli tradizionali». E dunque l’attività non si ferma. «Ho imparato anche se i miei non sono stati maestri facili. Del resto lo standard qualitativo da rispettare è di altissimo livello. E oggi insegno questo ai miei allievi: il tempo deve essere usato nel modo corretto. Perché bisogna gestire spessori e tecniche lavorative diverse dall’oreficeria classica. Le rifiniture, la saldatura e i passaggi richiesti da quest’arte sono davvero straordinari».

Del resto la filigrana, nata nella notte dei tempi, tra le sue peculiarità ha anche (e soprattutto) i dettagli: sfere, figure floreali, disegni tradizionali. E dando uno sguardo al futuro del laboratorio, Pierandrea è fiducioso. «Siamo al lavoro per la nuova edizione di Sant’Efisio, anche quest’anno non mancheremo all’appuntamento». Ma il volto si fa cupo quando si parla di giovani e “nuove leve”: «Tramandare le nostre conoscenze non è facile. Serve tempo per imparare e aprire una propria realtà, anche a livello burocratico, è davvero un’impresa. Chiediamo aiuto alle istituzioni, che ci vengano incontro. Il mio sogno è aprire una scuola per pochi allievi, le richieste ci sono. Non è vero che le nuove generazioni non hanno voglia di lavorare, hanno bisogno di opportunità. Solo così quest’arte potrà sopravvivere».

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