Tartarughe palustri dalle orecchie rosse, nutrie, gambero della Louisiana, giacinto d'acqua.

Sono queste le specie aliene della Sardegna, gli animali e le piante infestanti che sbarcate nell'Isola anni fa, importate da altri Paesi del mondo, hanno pian piano occupato, invadendoli, veri e propri areali, diventando invasive e a volte pericolose per la biodiversità e le altre specie autoctone. Per questo sono state classificate anche come "inquinanti".

Nell'Isola, secondo il censimento del Servizio tutela della natura e delle politiche forestali dell'assessorato regionale all'Ambiente, sono quattro.

Il caso emblematico è quello della tartaruga americana, la Trachemys scripta, più conosciuta come "orecchie gialle" o "orecchie rosse" per vie della macchie sul lato della testa.

Fa parte di un elenco piuttosto lungo, una sorta di lista rossa dell'invasione aliena, stilato dal ministero dell'Ambiente a cui, solo in Italia, appartengono ben 24 specie.

Per cercare di contenere la presenza della tartaruga americana in Sardegna, la Regione ha individuato i primi tre centri per ospitare la Trachemis scripta.

In città è una delle vasche del parco di Monte Claro. Gli altri due centri sono a Monastir e Bonassai, entrambi gestiti dall'Agenzia Forestas.

Qui che potranno essere consegnati gli esemplari che non possono più essere custoditi in ambiente domestico ma anche quelli sequestrati o confiscati.

L'emergenza tartarughine americane era emersa anni fa. Esemplari giovani venivano acquistati nelle fiere, durante manifestazioni ma anche nei negozi di animali per accontentare i bambini, diventavano ben presto ingombranti. Per questo è cominciata una liberazione in massa nelle campagne.

Le "palustri americane" sembrano avere una particolare predilezione non solo per un'alimentazione vegetariana ma anche per la fauna che frequenta fiumi e stagni. Entro il 31 agosto è obbligatorio denunciare gli esemplari appartenenti alle specie esotiche invasive già detenuti prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo del 2017.

"L'abbandono di queste specie - si legge nella pagina di SardegnaAmbiente - è la scelta peggiore che si possa fare. Da un lato si provoca un gravissimo danno all'ambiente aumentando il rischio di una loro diffusione e la perdita della biodiversità e dall'altro si mette a rischio la salute degli animali".
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