La marcia per lo sviluppo tra memoria e lettura del presente. All’interno di una sala convegni del Lu’ Hotel gremita in ogni ordine di posto si è svolta la presentazione del libro “La nostra marcia. 19 ottobre – 8 dicembre 1992”, il racconto dettagliato e ricchissimo di testimonianze su una delle pagine più drammatiche e allo stesso tempo cariche di speranza della storia recente del Sulcis Iglesiente.

Dopo la presentazione dell’editore e giornalista Giampaolo Cirronis, la parola è passata ai quattro autori. Sandro Mantega, giornalista dell’Unione sarda, dopo aver ricordato come quei giorni “hanno inciso profondamente nella storia del territorio” e come quell’iniziativa, “una mobilitazione corale, quasi spontanea, sia servita per salvaguardare l’economia di un territorio”, ha voluto porre l’accento sulle differenze tra ieri e oggi. "La marcia dovrebbe essere un esempio da seguire nei nostri giorni, dove invece, nonostante la grave situazione economica, non c’è più traccia di iniziative del genere a causa di un’indifferenza e di una non partecipazione sempre più preoccupanti”.

Subito dopo è stata la volta di Tore Cherchi, all’epoca dei fatti Senatore. Dopo una contestualizzazione storica della Marcia, quando “lo Stato imprenditore si è ritirato” e quando si voleva “la liquidazione completa del settore minero-metallurgico ed energetico” l’ex parlamentare ha ricordato come “grazie a quell’iniziativa si raggiunse il risultato, sia a livello regionale che nazionale, di correggere l’impostazione liquidatoria del Libro verde sulle partecipazioni dello Stato. Molta occupazione e l’intero settore metallurgico furono salvati”. Prima di concludere non è mancata una lettura della situazione attuale: “è una mistificazione pensare che le industrie non servano più al territorio. Dobbiamo inserirci nella transizione ecologica che genera nuove produzioni manifatturiere e distrugge processi e prodotti obsoleti. L’alternativa è essere solo un luogo di consumo e non anche di produzione”.

Anche l’allora Sindaco di Carbonia, Antonangelo Casula, ha voluto mettere insieme passato e futuro. “Fu una vera e propria mobilitazione di popolo, grazie alla partecipazione di tutti i settori della società. Da quegli anni in poi però non abbiamo più avuto una politica industriale degna di questo nome e senza industria mancheranno sia lo sviluppo che il progresso”. Per questo motivo l’ex sottosegretario all'economia invoca “un’iniziativa politica forte con la quale rimettere sul tavolo le richieste di un territorio intero”.

Ultimo degli autori a prendere la parola è stato l’allora segretario generale della camera del lavoro del Sulcis Iglesiente Peppino La Rosa: “Questo libro parla di noi. Ad alcuni ricorda un avvenimento importantissimo, ad altri lo racconta. Il libro è un’opera collettiva, nel senso che è stato scritto grazie al contributo di tutte e tutti coloro che hanno partecipato alla Marcia”. È stato l’ex esponente Cgil, dopo aver ricordato che i proventi derivanti dalla vendita saranno devoluti alla Caritas, a lanciare un video che in circa trenta minuti ha riproposto i momenti salienti di quelle giornate. Davanti alle immagini, i tantissimi protagonisti di allora presenti in sala ma anche le persone che allora non c’erano, hanno rivissuto le emozioni e le tensioni di quelle lunghe giornate.

Proprio durante la proiezioni i presenti, con lunghi applausi, hanno voluto rendere omaggio ad alcuni dei protagonisti che oggi non ci sono più: Sergio Usai, Antonello Saba, Antonello Corda, Cesira Serra, Giampaolo Puddu, solo per citarne alcuni. Al termine dei video è stata la volta degli interventi dalla platea. Molto apprezzato quello del Cardinale Arrigo Miglio, nominato vescovo di Iglesias pochi mesi prima della Marcia. Monsignor Miglio, dopo aver ricordato quegli anni e come “grazie a quegli avvenimenti è maturato il mio interesse per il sociale” ha ribadito che “la Marcia ha contribuito a guardare il lavoro come un bene comune di tutti e non solo come l’interesse di alcuni settori specifici. Oggi il problema del lavoro è anche una questione culturale: bisogna guardare alla cultura del lavoro e non alla cultura del reddito".

© Riproduzione riservata