“Cara Unione,

Nella mattinata di giovedì ho portato mia madre al pronto soccorso di un ospedale di Cagliari, su consiglio dei medici del centro diabetologico. Mia madre ha quasi 95 anni, non è in grado di spiegarsi (non parla più), è affetta da diabete e altre patologie. Da qualche giorno aveva una febbre costante di 37,2-37,5 °C. Era in cura con antibiotici, per sospetta polmonite. Ma nella mattina di giovedì presentava anche il piede sinistro nero e gonfio.

È entrata al pronto soccorso, e sono stati eseguiti degli accertamenti, durante tutto il giorno, che hanno portato al suo ricovero presso il reparto di medicina, nella serata di giovedì.

Siamo stati informati di tutto ciò da una dottoressa, che ci ha riferito la diagnosi e, soprattutto, ci ha illustrato la regola di ‘non chiamare, per informazioni. Chiamiamo noi, una volta al giorno, per fornirvi le informazioni e/o farvi richieste’.

Senonché, nella giornata di venerdì 21 maggio, nessuno ha chiamato per farci sapere qualcosa, né sullo stato di mia madre, ripeto non autosufficiente e incapace di comunicare, né sulla terapia somministrata, niente di niente.

Ok, ci siamo detti, forse sono molto occupati, vediamo domani.

Sabato 22 idem, nessuna notizia in tutta la mattina. Silenzio assoluto. Allora, di pomeriggio, chiamiamo noi al numero fornitoci, corrispondente alla sala medici del reparto medicina generale. Dopo un bel po', risponde un medico, che, senza neppure presentarsi, e senza praticamente farmi parlare, mi ha aggredito verbalmente, dicendo che lui era lì per le urgenze, che non aveva tempo da perdere, che chiamavano loro, dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 14. E mi ha letteralmente chiuso il telefono in faccia. Ora io posso capire il lavoro pesante, lo stress, ma non capisco la maleducazione. Questo medico non mi ha fatto neppure parlare, non sapeva nulla della persona di cui chiedevo notizie, del fatto che non sia autosufficiente, e se ne è bellamente infischiato della mia preoccupazione.

Ma che fine hanno fatto i diritti del malato, e i nostri diritti ad essere informati sulla salute dei nostri cari, tanto più in questo particolare e drammatico momento storico?

Di una cosa però sono vieppiù certo, che l'umanità e l'educazione non si imparano sui libri di medicina dell'università, visto il comportamento altamente scorretto di tale medico, che, ripeto, non si è neppure presentato.

Spero almeno che questa non sia la regola, che questi non siano gli ‘ordini di servizio’.

Resta il fatto che non si può ricoverare una persona anziana, incapace di comunicare con i propri cari autonomamente, e non dare notizie ai parenti per 36 e più ore, come se fosse stata inghiottita da un buco nero.

Cordiali saluti”.

M.C.

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