“Cara Unione,

mi chiamo Martino e circa dieci giorni fa sarei dovuto diventare nonno.

Purtroppo non è successo, e non si sa il motivo, ma scrivo perché credo sia giusto sapere anche per evitare che situazioni di questo tipo possano ripetersi in futuro.

Mia figlia di 26 anni il 30 giugno scorso è stata ricoverata perché in dolce attesa, aveva perso il tappo mucoso, sembrava procedere tutto nel modo giusto, ma il giorno dopo alle 18,30 una sua telefonata ci annuncia che il bambino è morto. Le notizie che ci dà sono piuttosto confuse (chi non sarebbe confusa in un momento come quello) ci tiene informati tramite messaggi o per telefono.

Lei è lì sola, perché il compagno ha dovuto assentarsi e in ospedale ancora e causa Covid può entrare solo un familiare.

Mi chiedo, in una situazione di questo tipo, quando riapriamo i locali, gli stadi e quant’altro come sia possibile così poca umanità lasciando i pazienti soli ad affrontare situazioni di questo tipo.

Il chirurgo, dopo l’intervento per la rimozione del feto ormai morto, ha precisato a mia figlia, in modo molto sbrigativo, come il suo caso non sarà ‘né il primo e né l'ultimo’, la ciliegina sulla torta.

Voglio terminare ringraziando coloro che fanno i medici negli ospedali prima di tutto con umanità, e poi anche professionalità,  perche non voglio credere che tutti siano così”.

Un ex nonno (*)

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