«Cara Unione,

sono passati ormai 80 anni, ma il ricordo di quel mercoledì 17 febbraio 1943 resta indelebile nella memoria di una novantenne.

Quel giorno, dovevo andare a comprare il sussidiario (ero in quinta elementare) alla libreria di piazza Costituzione.

Lasciai la casa situata in via Giordani portando con me la mia sorellina più piccola di sei anni. Superate le scalette di via San Saturnino, proprio di fronte a dove si trovava in passato la redazione dell’Unione Sarda, ci incamminammo nel Terrapieno. Fatti pochi passi sentimmo il suono della sirena: pensavo fosse quella della Manifattura Tabacchi per l’uscita delle sigaraie ma ne seguì una seconda. Molte persone ci dissero di metterci al riparo perché quelle erano in realtà le sirene d’allarme. E così fu.

 All’improvviso sbucò da Monte Urpinu un caccia americano che mitragliava puntando anche verso noi bambine. Non mi persi di coraggio e abbracciai un grosso pino mettendo la mia sorellina al riparo, che si attaccò al tronco dietro alla pianta. Girammo e girammo mentre l’aereo non smetteva di mitragliare. Il pino ci salvò, attorno a noi morti e feriti.

Ricordo una signora con il figlio ferito al braccio sinistro, lo portava penzoloni, che condusse anche noi bambine dietro all’edificio che fu Unione Sarda, pieno di gente a quell’ora, e da lì ci portarono su a Castello attraversando una villa. Così ci salvammo.

Rientrammo poi a casa nel tardo pomeriggio, verso le 18, raccontando a nostra madre quanto era accaduto.

Lei era incredula, ma fu poi mio padre, di ritorno dal lavoro, a confermare la tragedia che si era compiuta.

Oggi mi chiedo se, di questi drammatici fatti, ci siano ancora testimoni o testimonianze, che mi piacerebbe ricevere.

Grazie dell’attenzione».

Angela Porcu – Cagliari

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